L’INTERVENTO. Berlusconi, Saverio Strati e la Mondadori

L’INTERVENTO. Berlusconi, Saverio Strati e la Mondadori

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Racconta una narrazione stratiana condivisa e diffusa tra i suoi amici che «Nel 1991 la Mondadori rifiutò, non so perché, di pubblicare Melina già in bozza e respinse l’ultimo mio romanzo Tutta una vita che è rimasto inedito».

Stefano Lanuzza, amico dello scrittore e ferratissimo critico, ipotizza  che ci possa essere stato «uno screzio, una mite protesta dell'autore a proposito dei tempi di uscita del libro» ma poi si adagia sull'idea che si sia trattato di una punizione per le posizioni politiche di Strati: «ma è più verosimile che le ragioni del ripudio siano ideologiche: attraverso l'ignobile disconoscimento di uno scrittore apprezzato nel mondo, la Mondadori di Berlusconi, padrone di Mediaset e di molto altro, sembra voglia dare un preciso segnale, minaccioso quanto quello che lo stesso presidente del Consiglio non s'esime dal rivolgere alla televisione pubblica e alla stampa non asservita».

La tesi di un rifiuto mondadorianno originatosi da un intento discriminatorio viene riproposta di recente, sull'onda di confidenze fatte dal Saverio Strati a Vito Teti in un viaggio in macchina  non precisato cronologicamente:

«Un giorno - stavamo andando da Vibo verso Cosenza - mi confessò il suo piacere e la sua profonda delusione perché la Mondadori non avrebbe pubblicato il suo ultimo romanzo …. Strati pensava, a ragione, che un autore socialista e uomo di sinistra, sempre dalla parte dei vinti e degli ultimi (…)  … non potesse più godere di simpatia nella casa editrice passata sotto il controllo della famiglia Berlusconi».

La tesi andrebbe supportata da un minimo di documentazione che si potrebbe trovare tra le carte dello scrittore, ad esempio una stampa di quelle bozze.

Ma, nonostante l'autorevolezza dei testimoni, non pare credibile la vendetta di Berlusconi; con tanti autori di sinistra e comunisti proprio con Strati se la sarebbe dovuta prendere? Che poi Strati era socialista e Berlusconi ha ancora socialisti tra i suoi seguaci, dopo essersi appropriato di tanti, non solo craxiani.

E poi non ci siamo con le date.
Alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso alla Mondadori c'era una triarchia: Fininvest, la CIR di Debenedetti e i Formenton, gli eredi del vecchio Arnoldo Mondadori; costoro prima promettono di vendere la loro quota azionaria e De Benedetti e poi la cedono a Berlusconi che diventa presidente di Mondadori il 25 gennaio 1990.   
La CIR non demorde e la controversia viene devoluta ad un lodo arbitrale il cui verdetto, 20 giugno 1990, da ragione a De Benededetti e Berlusconi si deve dimettere.
Berlusconi e i Formenton impugnano il lodo davanti la Corte d'Appello di Roma che, con sentenza del 24 gennaio 1991, rimette in sella Berlusconi.

E mai possibile, specialmente con tutto il daffare che ebbero Berlusconi e Previti nel far ribaltare a suon di miliardi il verdetto arbitrale nella seconda metà del 1990 e poi  per sistemare le cose dopo il successo dello loro corruzione, è possibile che la prima cosa cui hanno pensato sia stata di rifiutare la pubblicazione di un libro già in bozze di uno scrittore discreto quanto altri mai che, certo, non era un pasdaran di De Benedetti ne dei loro nemici «comunisti»?

Evidentemente la risposta a questo interrogativo non può che essere negativa. Probabilmente i diniego alla pubblicazione venne prima della firma del contratto di edizione e prima delle bozze che di solito vengono stampate dopo il contratto; e ciò, dato che non si trattava di Pasternak o di un altro premio Nobel, venne deciso al livello dei lettori consulenti della casa editrice e comunicato a Saverio Strati senza che Berlusconi, che di ben altro si è macchiato, avesse messo becco nella faccenda. 
Anche il successivo rifiuto dell'ultimo romanzo di Strati deve essersi consumato in quell'ambito.
L'ipotesi di Stefano Lanuzza, il rifiuto come conseguenza di qualche pressione per accelerare l'uscita del libro in bozze, appare alquanto peregrina.
E comunque Strati non avalla la tesi di Lanuzza nonostante l'intensa amicizia che intercorreva fra i due.

Il rifiuto della Mondadori era da mettere in relazione con la crisi delle pubblicazioni di Strati  dopo l'apice della vittoria del 1977 al Campiello, crisi che si era acuita dopo l'uscita de L'uomo in fondo al  pozzo che era stato stroncato sul «Domenicale» de «Il Sole 24 Ore» del 19.02.1989; qui l'anonimo recensore aveva invitato i lettori a fermarsi alle prime cento pagine essendone il resto inutile  se non controproducente superfetazione.