Come nasce una guerra? Antonio Scurati prosegue la sua narrazione del fascismo concentrandosi sul cruciale triennio tra il 1938 e il 1940: un momento ancora una volta angosciosamente carico di similitudini con il nostro presente, che vede lo scacchiere europeo percorso da profonde inquietudini, atti di barbara prevaricazione e tentativi sempre più disperati di evitare una guerra. Il volume sarà disponibile nelle librerie nelle prossime settimane. (Pagine 848. In libreria 14 settembre. Prezzo 18,00 €).
Nel maggio 1938 Benito Mussolini ha quasi 55 anni, guida un impero che si estende dal Brennero all’Abissinia, ha proclamato l’uscita dell’Italia dalla Società delle Nazioni ed è in piedi che attende un treno in arrivo nella nuovissima stazione Ostiense. Su quel convoglio adorno di aquile e croci uncinate viaggia Adolf Hitler, che giunge in Italia accompagnato da una delegazione di gerarchi per una visita che toccherà Roma, Napoli e Firenze. Mentre il professor Bianchi Bandinelli – che nei suoi diari registra i tratti grotteschi di “Mario e Silla” e medita vanamente di attentare alle loro vite – guida i due dittatori ad ammirare la grande arte italica, il sole della concordia sembra splendere alto nel cielo. Non sono passate che poche settimane dall’Anschluss dell’Austria e dalla prima “informazione diplomatica” nella quale si parla di questione ebraica in Italia, eppure il mondo crede ancora che il delirio di potenza di Mario e Silla possa fermarsi. Ci crede fortissimamente, e contro ogni evidenza, anche il podestà di Ferrara, Renzo Ravenna, avvocato decorato nella Grande guerra e fascista zelante, che, come migliaia di altri ebrei italiani, non si dà pace per i provvedimenti seguiti all’approvazione delle “leggi razziali”, e rimane senza parole quando legge che il giornale diretto dall’amico Nello Quilici appoggia il decreto di espulsione degli alunni ebrei dalle scuole. Anche Margherita Sarfatti, che aveva iniziato il giovane Benito all’arte e alla diplomazia, paga con l’esilio le proprie origini ebraiche ed è ormai dimenticata in favore della giovane, fascistissima Clara Petacci. Tutto sembra procedere a gonfie vele, tanto che Galeazzo Ciano, genero del Duce e Ministro degli Esteri, può dedicarsi all’invasione dell’Albania ignorando invece le informative sempre più inquietanti che giungono da Berlino. E allora perché il Duce, rintanato nella sala del Mappamondo, sente l’angoscia corrodergli i visceri?
Poco importa, la macchina della storia è in movimento e non è più possibile fermarla. Pateticamente illuso di poter influenzare le decisioni del Führer, consapevole della nostra impreparazione alla guerra, preda di uno spaventoso delirio, M trascina la nazione verso la tragedia: il 10 giugno 1940, ormai maschera di se stesso, si affaccia alla finestra di Palazzo Venezia per annunciare al mondo l’ora delle decisioni irrevocabili.
Al centro del romanzo l’infamia delle leggi razziali e quella della scellerata alleanza con la Germania nazista. La penna di Scurati scandaglia con feroce acume il madornale autoinganno, il delirante opportunismo, il cinismo suicida con cui Mussolini trascina l’Italia e l’Europa nel baratro.
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ANTONIO SCURATI è nato a Napoli nel 1969, è cresciuto tra Venezia e Ravello e vive a Milano.
Docente alla Università IULM, editorialista del Corriere della Sera, ha vinto i principali premi letterari italiani ed è tradotto in tutto il mondo. Esordisce nel 2002 con Il rumore sordo della battaglia, poi pubblica nel 2005 Il sopravvissuto (Premio Campiello) e negli anni a seguire Una storia romantica (Premio SuperMondello), Il bambino che sognava la fine del mondo (2009), La seconda mezzanotte (2011), Il padre infedele (2013) e Il tempo migliore della nostra vita (Premio Viareggio-Rèpaci e Premio Selezione Campiello). Del 2006 è il saggio La letteratura dell’inesperienza, seguito da altri studi, tra cui la monografia Guerra. Il grande racconto delle armi da Omero ai giorni nostri. Scurati è con-direttore scientifico del Master in Arti del Racconto. Nel 2018 e nel 2020 Bompiani ha pubblicato i primi due romanzi dedicati al fascismo e a Benito Mussolini: M. Il figlio del secolo – in vetta alle classifiche per due anni consecutivi, vincitore del Premio Strega 2019, in corso di traduzione in quaranta paesi, diventato uno spettacolo teatrale e una serie televisiva di prossima realizzazione – e M. L’uomo della provvidenza.
Senza una chiara, definita, onnipresente coscienza di razza, non si tengono gli imperi.” B. Mussolini
“Su questa via indicata dalla storia, l’Italia e la Germania intendono, in mezzo ad un mondo inquieto e in dissoluzione, adempiere al loro compito di assicurare le basi della civiltà europea.” Prologo del Patto d’Acciaio “È chiaro che non hanno alcun piano.” Adolf Hitler a proposito dell’entrata in guerra dell’Italia.
Al ventisei di marzo millenovecentotrentanove, per celebrare il ventennale dei Fasci, tutta la “vecchia guardia” squadrista è convocata a Roma, al Foro Mussolini, come nelle lontane adunate della vigilia. Accorrono a migliaia, a decine di migliaia, da ogni angolo del Paese, dopo aver lucidato i pugnali, spolverato le divise, i vessilli neri della ferocia sopita. Sono loro, quelli “che c’erano”, giunti alle pendici di monte Mario in coda a una vita di disinganni. Eppure sono ancora tutti qui, compresi i defunti, i “martiri” della rivoluzione, che rispondono “presente” all’appello dei camerati superstiti. Tutto è pronto per il tripudio di autoesaltazione: le bandiere garriscono al vento, s’innalzano le orifiamme, si esibiscono i gagliardetti. Eppure piove, non si capisce perché debba piovere in un giorno come questo, ma piove. Piove sui manganellatori del ’19, sui loro ventri dilatati, piove sulle fronti stempiate, sulle cordelle rosso-sangue, distintivo dei veterani. È una pioggia che li invecchia di vent’anni. Il tempo è un bastardo, un bastardo, biascicano bestemmiando.»