L'incubo (e la tenerezza) della recita di Natale

L'incubo (e la tenerezza) della recita di Natale

La recita      di TIZIANA CALABRO' - Come ogni anno, arrivano. Inevitabili come le tasse, come l’influenza di marzo, come i consigli del telegiornale di confinarsi durante la calura estiva nei supermercati.

Ad annunciarle sono dei biglietti decorati, consegnati da sorrisi orgogliosi, vergati da dita macchiate di inchiostro. Il loro contenuto è più perentorio della chiamata alle armi, più vincolante di una norma costituzionale, più imperdibile dell’ultima puntata del tuo Serial TV preferito. Da quel giorno

parte la complessa macchina organizzativa familiare.

Perché assentarsi alla recita di Natale dei tuoi figli ti relegherebbe nel girone infernale dei padri e delle madri perseguitati dai sensi di colpa. E se la sorte di pluri-genitore ti condanna a più rappresentazioni pediatriche nella medesima mattinata, non resta che spartirsi gli infanti, giocandoseli alla morra o al tocco. O quando la solitaria gestrice degli incastri è la madre multitasking, ella, la madre, in preda al delirio di onnipotenza, confiderà nel super potere dell’ubiquità, che nei casi estremi le viene sempre in aiuto.

Poi il grande giorno arriva e la famiglia, grazie ai miracoli di una organizzazione geometrica, potrà presenziare in corpo e spirito alle performance artistiche della propria genia. Che è lì schierata sul palco scolastico, ognuna con la propria identità, concentrata nel ruolo assegnato, ma soprattutto attenta, come una spia in missione segreta, che nessuno degli astanti accorso lì per loro, possa subire cedimento attentivo o distrazione. Possa abbandonarsi alla inutile concessione di un velocissimo cenno di saluto, al vicino di sedia. E poco importa a loro se quella a cui gli adulti stanno da due ore assistendo è la trecentesima canzone intercalata da poesie che ormai i grandi, hanno smesso di contare.

E poi, sì poi, c’è l’altro spettacolo. Quello che nè telecamere nè cellulari o macchine fotografiche, immortaleranno per i posteri. Quello che non verrà esposto sui social per accogliere il consenso sperato, perché di esso non rimarrà traccia tangibile. È lo spettacolo che solo loro, i bambini, immagazzineranno nella loro memoria, nel loro archivio affettivo, attraverso il loro sguardo stupito. E’ lo spettacolo colorato e multiforme e innamorato di madri- che accidenti si commuovono sempre - padri, nonni e nonne, zii e zie, vicine di casa. Delle commari che li hanno battezzati, dei compari che ci sono sempre e delle pro-zie, che devi dirglielo, ché poi si offendono. Tutti lì a bearsi di quegli attimi di fresca innocenza, a sguazzare in quell’innamoramento estremo e di parte, a trattenere le lacrime e tirare su con il naso, vergognandosi come adolescenti timidi, per quella tenerezza che improvvisa li inonda.