di TIZIANA CALABRÒ - Visiterò una volta al mese il “Museo della Magna Grecia”. Per ricordarmi chi sono e da dove vengo. Per ricordarmi perchè devo camminare con la testa e la schiena diritta, per non vergognarmi di questo presente torvo, sapendo che alle mie spalle ancora soffia forte lo Zefiro.
Diventerò io stessa Zefiro.
Andrò davanti al mare, tutte le mattine o quasi, per farmi raccontare da lui il futuro e sentirmi io mare. Per assorbire, come le piante la luce, il suo silenzio, la sua ostinata sensualità, il suo passato, la sua nostalgia, le storie che ci racconta. Da sempre.
Appoggerò sul tavolo vecchio e sfasciato, che una notte è stato abbandonato sul marciapiede davanti a casa mia e che nessuno ha mai più reclamato, un vaso con i fiori colorati. Porterò anche due sedie. In una mi siederò ogni tanto per osservare da lì la città, che scorre e che combatte e si rassegna e combatte e si rassegna. Nell’altra sedia farò accomodare chi vuole e insieme capiremo che anche da un tavolo consunto - lasciatoda chi ha scelto di non amare - si può ricominciare.
Bacerò sulla guancia gli automobilisti arrabbiati, chiusi nello spazio claustrofobico tra il volante ed il sedile, prigionieri del traffico e del loro furore. Li bacerò sorridendogli e spiazzandoli, perché il cambiamento ha bisogno di gesti gentili e sfrontati.
Non mi rassegnerò alla bruttezza e cercherò la bellezza anche sotto i cumuli di spazzatura, e la poesia nella vita minuta ed il prodigio nell’ordinario. E lo farò con la pervicacia visionaria di un bambino e l’entusiasmo irrazionale di un’ adolescente. E mi emozionerò e lotterò per la tenerezza conquistata e cambierò il passo se necessario e non smetterò di farmi domande cercando le risposte e farò della mia città un teatro di cui appassionarsi.
E la smetterò una buona volta di lamentarmi, ché a essere sempre e solo Cassandra finisce che non ti ascolta più nessuno. Sarò Ulisse che sogna Itaca nelle sue notti silenziose e che poi, sì poi, quando la ritrova, la sottrae a chi ha usato e depredato la sua casa, a chi ha offeso i suoi abitanti, rendendoli inermi e spaventati.
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