di AURELIA ARITO – Un piede che oscilla e dà il tempo al lungo e intenso racconto di Saverio La Ruina che, su una sedia malconcia, veste i panni di Pasqualina, una donna del Sud di sentimenti e modi semplici costretta sin da bambina a tenere il capo a terra e contare le pietre sulla strada.
Senza fronzoli scenici – solo un abito stampato sopra i suoi pantaloni – La Ruina accompagna lo spettatore per oltre un'ora nell'universo di Pasqualina, un universo fatto di sogni svaniti e abbandoni - dell'uomo amato, della famiglia e della società - in un tempo in cui le donne si trovavano schiacciate in un mondo di privazione della libertà e sottomissione da parte di una cultura maschilista e patriarcale.
Costretta ad attendere il matrimonio delle sorelle più grandi, lei terza femmina di quattro figli, vive l'incubo di rimanere 'zitellona' in un piccolo paesino nel Pollino tra Calabria e Basilicata. A testa bassa aiuta la famiglia a pascolare le pecore e svolge i lavori domestici, accettando, senza fiatare, gli ordini di un padre che non l'ha mai sfiorata né guardata. Una donna invisibile, fantasma, che vive ai margini di una società in cui se non è moglie non può affermarsi come persona.
Pasqualina alza lo sguardo una volta, da quel momento comincia la sua vita, la gioia la tragedia. Sguardo fatale che incontra quello di un uomo che la seduce e la abbandona. In lei rimangono le tracce di un amore, il ricordo del cuore che scoppia in petto, delle gambe tremolanti, della paura di rifiutarlo per non vedere gli occhi dell'innamorato diventare collerici e nel ventre il frutto di una rapporto rubato con l'inganno e la traccia indelebile del disonore. Solo il fuoco può cancellarlo, e così per mano del fratello, Pasqualina viene bruciata viva, trasformata in carne bruciata e maleodorante, ma con ostinazione si appiglia alla vita e ad un'altra donna, la zia, che le offre ospitalità e la aiuta a partorire il suo bambino, Saverio, in una stalla nel giorno di Natale. Pasqualina adesso è una donna anziana che racconta la sua tragedia, alternandola all'ironia e alla gioia del ricordo di quei momenti in cui, per la prima volta, si è sentita viva ed ha cominciato a riflettere su se stessa: “sono bella o brutta? Felice o infelice?”. Tutte domande che, prima di venire travolta dall'amore, non si era mai fatta.
Ciclicamente il racconto si chiude, da piccola bambina che conta le pietre, Pasqualina torna a contarle le pietre perché ha ormai la testa attaccata al petto, contrappasso di una esistenza 'dissonorata'. Nel mezzo un breve e intenso periodo in cui alza lo sguardo al cielo ed assapora il gusto di un sentimento e di una vita negata.
Nel raccontare la sua storia, Pasqualina ritorna quasi una bambina e rivive la sua fanciullezza, ricostruita magnificamente al Teatro Zanotti Bianco da Saverio La Ruina, che si conferma interprete e drammaturgo dalla grande sensibilità e presenza scenica.
'Dissonorata', scritto, diretto e interpretato da Saverio La Ruina, è stato presentato per la prima volta in anteprima nazionale al festival Benevento Città Spettacolo nel settembre 2006 e in prima nazionale al festival Bella Ciao. Lo spettacolo è valso a La Ruina il più importante riconoscimento per il teatro, il Premio UBU 2007 come “Miglior attore” e “Migliore novità italiana”, “Segnalazione speciale” al Premio Ugo Betti per la drammaturgia 2008, lo spettacolo è stato inoltre finalista al Premio ETI – Gli Olimpici del Teatro 2007 “Migliore interprete di monologo”.
Fondatore della compagnia Scena Verticale di Castrovillari, La Ruina è direttore artistico, insieme a Dario De Luca, del festival Primavera dei Teatri.
“L'anteprima a Benevento – racconta La Ruina durante il dibattito a fine spettacolo guidato da Teresa Timpano (direttore artistico di Scena Nuda) – è stata una prova. In quella occasione temevo che la gente non riuscisse a comprendere il testo in dialetto stretto. Ho anche dimenticato tre pagine di testo. Alla fine dello spettacolo – prosegue – mi si avvicina un critico di Repubblica che definisce lo spettacolo 'un gioiello'. In quel momento – ride – ho avuto la dimostrazione che Dio esiste”.
Pasqualina non è solo una donna del sud che vive la sua storia in un'Italia post bellica, nella sua figura risuonano molteplici voci di donne e la denuncia – rafforzata dall'interpretazione discreta di un uomo – della violenza fisica e psicologica che ha costretto, e costringe, troppe donne all'invisibilità.