di AURELIA ARITO - Il Teatro Cilea, sabato 1° Marzo, stracolmo ha partecipato con entusiasmo e curiosità all'anteprima nazionale della miniserie tv “Il Giudice meschino” diretta da Carlo Carlei.
Il protagonista è Alberto Lenzi, magistralmente interpretato da Luca Zingaretti, un 'giudice meschino', schivo, superficiale e indolente, ormai disilluso dalla professione, che ha smesso di decidere della propria vita. Scosso dalla morte di un amico, il pm del nord Giorgio Maremmi, decide di riappropriarsi della sua vita, ritrova il senso del dovere e la voglia di andare a fondo nelle sue indagini.
Dietro alla trasposizione cinematografica del romanzo (pubblicato nel 2009 da Einaudi) dello scrittore calabrese Mimmo Gangemi (che ha accettato di metterci la parte interpretando il ruolo del presidente del Tribunale) c'è una storia di ostinazione, durata 7 anni. L'ostinazione, in primis, del produttore Fulvio Lucisano che, credendo nella forza dell'universo animato dalla penna dell'autore, ha voluto portare avanti con tenacia questa idea. E così sono arrivate le richieste di sostegno alla Rai e al Governatore Scopelliti che, in un primo momento si è dimostrato dubbioso rispetto ad una possibile rappresentazione in salsa 'ndranghetista della Calabria: ''non volevamo mandare un messaggio negativo” dichiara sul palco del Cilea.
E così un compromesso si è trovato: partendo da una storia amara si è scelto di valorizzare le bellezze del posto. Sulla scia di esempi noti di cineturismo, la Reggio che si è mostrata sul grande schermo è straordinariamente bella. Paesaggi poetici, palazzi antichi, suggestive visioni sullo Stretto, mozzafiato. Una fotografia in cui in tanti in sala forse non si saranno riconosciuti, vivendo oggi la città uno dei suoi momenti di massimo declino.
Ma la valorizzazione del territorio è stata anche altra, ovvero il coinvolgimento nella filiera produttiva di maestranze calabresi “di prim'ordine” come tiene a sottolineare Lucisano.
Punto di forza ribadito anche nelle parole del regista: “con 'Il giudice meschino' – racconta Carlei – volevo restituire qualcosa alla Calabria mediante la valorizzazione delle persone di talento, attori, tecnici che hanno avuto modo di lavorare e partecipare al progetto”.
Dei problemi tecnici hanno costretto ad invertire la scaletta della serata, anticipando il dibattito alla proiezione. E se per Scopelliti, ironizzando, "forse vanno cambiati i tecnici", per Carlo Carlei questa potrebbe essere una metafora della Calabria “gente che pazientemente aspetta mentre fuori è buio e freddo”. Nelle parole del regista, che ha lasciato Nicastro e Lamezia, per vivere tra Roma e gli Stati Uniti, c'è anche un invito al risveglio di questa terra, la sua terra, la cui immagine macchiata dagli atteggiamenti negativi di una minoranza ha dato adito al pregiudizio.
Sul palcoscenico anche Mimmo Gangemi, emozionato nel vedere su schermo i personaggi creati dalla sua mente e resi vivi dalla sua penna: “il romanzo, come la fiction – dichiara – rappresentano denuncia e riscatto allo stesso tempo e la cronaca odierna fa apparire tristemente vero ciò che ho scritto. Criminalità, marginalità, rifiuti tossici, ritratti di uomini d'onore che di onorevole hanno ben poco: “ma quale onore c'è nel portare la morte, i veleni, nella terra stessa in cui vivono? - si chiede e ci chiede Gangemi.
Ciò che probabilmente avranno pensato molti lettori de 'Il giudice meschino' è che nella trasposizione cinematografica molto è stato perso, in primo luogo l'ironia e la caratterizzazione dei personaggi che animano le 353 pagine del libro. Ma si sa, condensare in 3 ore tutto un universo non è cosa semplice. E se, in qualche modo, si è riusciti a tener ferma la caratterizzazione del personaggio di Lenzi, del mondo fitto di personaggi valorizzati da una scrittura potente come quella di Gangemi si è perduto parecchio.
L'appuntamento sul piccolo schermo il 3 e 4 marzo, in prima serata su Rai 1: la prima volta della Calabria. E questo è un bene.