di DANIELE CASTRIZIO - Scrivo queste righe da perfetto cittadino di Reggio: stamattina non ho potuto avere il conforto di lavarmi il viso, giacché, come spesso accade in questa dolorosa città, mancava l'acqua; pur avendo lezione alle nove all'università, mi trovo su un catamarano antelucano, vista la cronica carenza e approssimazione del servizio pubblico da e per Messina; ho dovuto lasciare la mia automobile tra cumuli di spazzatura, in un sedicente parcheggio, talmente pieno di buche da poter essere utilizzato dalla Nasa come campo di esercitazione per gli astronauti che devono andare sulla Luna.
Eppure non voglio recitare le solite geremiadi del cittadino reggino medio, che si lamenta e protesta, ma continua a votare una classe politica incapace di amministrare un porcile: figurarsi una città dalla vita trimillenaria.
Il fatto è che ho ancora nelle orecchie le parole di Vittorio Sgarbi, che ha rilasciato dichiarazioni sui Bronzi di Riace e sul NUMA, a mio modesto parere, completamente campate in aria. Chi sia Sgarbi lo so bene, perché, anni or sono, diede un forte dispiacere a Monsignor Francesco Gangemi, compianto da chi ha avuto la fortuna di averlo accanto, e tradito da chi si era professato amico solo per interesse, quando criticò, con la consueta supponenza, una mia attribuzione di un reperto custodito al Piccolo Museo San Paolo, costringendo il Consiglio di Amministrazione a un ulteriore expertise, che mi diede ragione ...
Vittorio Sgarbi ha più volte detto la sua sui Bronzi, perseguendo idee estetiche e non archeologiche, e insistendo ripetutamente sulla necessità che i capolavori vadano in giro per il mondo, per "ripagare lo Stato delle spese sostenute per i restauri". Anche in questi giorni ha ribadito tali posizioni, criticando l'allestimento al museo, pur dichiarando di non averlo ancora visto ... In particolare, ha attaccato la miopia dei politici calabresi e reggini, colpevoli, a suo dire, di ostinarsi nell'insistere che i Bronzi rimangano a Reggio, contestando la loro estrema fragilità e i rischi cui sarebbero sottoposti se imballati e mandati in giro per il vasto mondo. Per non parlare della "bellezza rozza" che caratterizzerebbe i due capolavori...
Devo dire che mi annoia dovere ripetere concetti che sono stati espressi dai veri esperti della statuaria antica, ma repetita iuvant, soprattutto qui a Reggio, terra della sofistica e della chiacchiera da bar: i Bronzi sono fragili, come ci spiega il loro restauratore, l'ottimo Nuccio Schepis, non solo per lo spessore infimo del metallo da cui sono composti, ma per le problematiche microclimatiche legate alla loro antichità e ai mille e settecento anni trascorsi in fondo al mare. Altro che campanilismo! L'inamovibilità dei due capolavori è l'unica difesa che essi hanno nei confronti dell'ingiuria del tempo e contro le microfratture che presentano quasi ovunque.
Di più, credo che bisognerebbe tornare su due aspetti che vanno fortemente stigmatizzati nel modo di pensare dei vari Sgarbi presenti a livello locale e nazionale, che incarnano, a mio parere, quella cultura modernista che sta portando il nostro patrimonio archeologico e monumentale allo sbando. Il primo aspetto riguarda il rapporto tra opere d'arte ed economia; il secondo il grande circo della ricerca scientifica e della divulgazione culturale.
La monetizzazione di ogni aspetto della nostra vita, sociale, affettiva, culturale e religiosa, sta determinando la nostra fine ogni punto di vista, compreso, e sembra un paradosso, quello economico. Stiamo, a mio modesto avviso, snaturando il rapporto tra uomo e arte, tra uomo e cultura: incapaci di una ricerca scientifica che sappia andare oltre la dimensione quantistica, sia pure importante in sé (rimando ai Bronzi, l'eccessiva attenzione al loro peso, alle dimensioni, al restauro, alle basi antisismiche: come comprare una Ferrari e dilungarsi sul suo antifurto!), le mostre sono diventate meri eventi, una esibizione senza intenti di arricchimento culturale, penne di pavone da esibire da parte di istituzioni politiche e culturali incapaci di fare il loro mestiere. Ma sì, portiamo in giro i Bronzi, con il loro corredo di informazioni sul nulla, magari con peperoncino in mano, per sottolineare la loro calabresità ...
Legato al primo problema è il secondo, con il circo dei soldi pubblici destinati a ciò che non serve, ai progetti dei soliti noti, magari "chiavi in mano", con tematiche legate al niente sottovuoto spinto che caratterizza la nostra cultura ufficiale e ministeriale. Nessuno che abbia il coraggio politico di puntare sulle produzioni culturali nostrane: è più facile produrre un vino dop che uno studio Made in Calabria. Certo: è mille volte più facile delegare ai soliti noti, agli incolpevoli Alberto Angela di turno, a un ministero che è diventato un sistema di amici e di conoscenti, sempre gli stessi e sempre senza nulla da dire. Forse dovremmo cominciare a progettare noi il nostro futuro e il nostro stesso presente, rottamando una classe politica e di funzionari che non ha più niente da dire da vent'anni, ma che si abbarbica tenacemente alla propria poltrona e alle sue prebende. Per parte mia ho dichiarato guerra, da greco di Calabria, chi vuole il potere per il potere. Guerra culturale, si intende ...