MUNZI su “Anime nere” a Venezia: Da Africo si vede meglio l’Italia

MUNZI su “Anime nere” a Venezia: Da Africo si vede meglio l’Italia

fman       Uscirà in sala il 18 settembre, dopo il Festival di Venezia, dove il film passa in Concorso, ''Anime nere'' di Francesco Munzi, con Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Anna Ferruzzo, Barbora Bobulova.

Il regista Francesco Munzi ribadisce nelle note di regia la voglia di girare proprio in Aspromonte: ''Ho girato il mio film ad Africo, provincia di Reggio Calabria, costa ionica: un mare bellissimo, oggi sconosciuto al turismo, e alle spalle una delle montagne più belle e selvagge d'Italia, l'Aspromonte. In mezzo, un paesaggio di anarchica edilizia che ci racconta tanto del sud, dell'Italia abusata. Quando raccontavo che avrei voluto girare lì, tutti mi dissuadevano dal farlo: troppo difficile la materia, troppo inaccessibile il posto, troppo pericoloso. Era un film impossibile. Ho chiesto allo scrittore di Anime Nere, da cui il film è liberamente tratto, Gioacchino Criaco, di aiutarmi. Sono arrivato in Calabria carico di pregiudizi e paure. Ho scoperto una realtà molto complessa e variegata. Ho visto la diffidenza trasformarsi in curiosità e le case aprirsi a noi''.

''Ho mescolato i miei attori con gli africesi, che hanno recitato, lavorato con la troupe. Senza di loro questo film sarebbe stato più povero. Africo - aggiunge Munzi - ha avuto una storia di criminalità molto dura che però può aiutare a comprendere tante cose del nostro paese. Da Africo si può vedere meglio l'Italia. Tutto ha avuto inizio con la lettura del romanzo: la vicenda di tre figli di pastori, Luigi, Luciano e Rocco che diventano trafficanti internazionali di droga, che sono sempre in giro per il mondo, ma che continuano a vivere seguendo i battiti del proprio sperduto paese calabrese dove tutto nasce e finisce. Pochi giorni dopo la lettura del romanzo, ero già in Calabria, con l'approccio e la curiosità di un antropologo''.

''Tra stesura della sceneggiatura, riscritture, casting per tutta la provincia di Reggio Calabria, sopralluoghi, sono passati quasi tre anni. L'Aspromonte calabrese è ricco di leggende e di miti che a volte hanno supportato le affiliazioni ''ndranghetiste, l'entrata di ingenui picciotti nella setta criminale. Divinità pagane, spose suicide il cui fantasma erra ancora per quelle vallate, San Leo il santo guerriero e poi il diavolo con la testa da caprone, i monti che respirano, le querce che parlano. E' comprensibile, la bellezza dell'Aspromonte può stordire - continua il regista - e il suo isolamento non lascia indifferenti, anzi, stimola la fantasia. Non è un mistero che dall'Aspromonte caprai ed ex caprai, ormai raffinatisi attraverso studi e viaggi, abbiano mosso tonnellate di cocaina grazie a una sapiente tessitura di rapporti criminali costruita nei decenni, a partire dalle fortune messe su dai proventi dei sequestri di persona. Comincio a costruire i miei personaggi, seguo le loro convinzioni, le loro paure, il loro desiderio di riscatto''.

''E' solo avvicinandomi davvero ai personaggi che il film può nascere. Dimentico il crimine, gli spari, gli omicidi che pure ci sono, dimentico la mafia, persino la Calabria. Resto solo con loro in una stanza vuota. Man mano che scrivo, i personaggi escono fuori, assumono, come in un prisma, tante dimensioni. Capisco che basta avvicinarli, approfondirne le pulsioni e poi farle deflagrare poco a poco. Ne è uscito il tragico, grande rimosso della nostra epoca, eppure principio e motore di tutte le storie che toccano l'archetipo'', conclude Munzi.