Al Cilea lacerazione e riscatto di Anna M Scarfò. Con Nicito e le donne di AutonoMIA

Al Cilea lacerazione e riscatto di Anna M Scarfò. Con Nicito e le donne di AutonoMIA

Gramignadi TIZIANA CALABRO'

- Anna Maria Scarfò sale sul palco del Teatro Francesco Cilea di Reggio Calabria. È accolta da un pubblico caloroso che ha visto tessere sulla stessa scena, fino a pochi minuti prima, la tela della sua infanzia lacerata e resa a brandelli da squarci dolorosi. Questo attraverso un’opera teatrale della Compagnia dei Pagliacci Clandestini con la regia di Santo Nicito: “Gramigna”. Il teatro sa compiere miracoli, prodigi sorprendenti, catapultandoti grazie allo potenza di gesti, di parole e musica, dentro la storia. E la storia che la compagnia teatrale e il talento visionario di Santo Nicito hanno saputo narrarci, graffia l’anima e stritola il cuore.

È la storia di Anna Maria Scarfò a cui le due attrici, Cristina Merenda a Angela Ieracitano, hanno dato corpo e respiro, facendo immergere il pubblico presente dentro il liquido caldo di un dolore profondo e inimmaginabile. Occorre pudore e delicatezza per cogliere e narrare senza retorica ma con la verità violenta dei fatti, la storia di Anna Maria. Aveva tredici anni, quando la sua esistenza normale è diventata tragedia. Tredici anni è un’età sorprendente. È un’età in cui nel tuo corpo tutto accade, si plasma, si modifica. Cambia il viso, la risata, il modo di camminare, di guardare il mondo fuori. A tredici anni sei una bambina, sei la promessa della donna che stai impercettibilmente diventando. A tredici anni ti innamori. A tredici anni ti fidi.

Anna Maria viveva a San Martino, una frazione di Taurianova. Entroterra calabrese. Sale sulla autovettura del ragazzo che le piaceva. Lui la porta in campagna, lì ci sono altri uomini. Adulti, padri, mariti, fidanzati. Lei arriva in un luogo buio con il ragazzo di cui si fidava, arriva che era una bambina, che aveva tredici anni. Ha paura e non può fuggire, avvolta dalla notte dagli alberi, dagli uomini che la attendevano. Quando il branco famelico finisce di dilaniare il suo corpo fresco, Anna Maria di anni non ne ha più nessuno. Rubati pezzo per pezzo dai ladri osceni di sogni. Anna Maria da quel momento è sola. Il parroco a cui confida il suo dolore la fa tacere, la chiesa le chiude le porte. Per tre anni Anna Maria subisce in silenzio più e più volte, portando il peso della vergogna.

Poi succede che gli orchi non si accontentano, vogliono la sorella più piccola di Anna Maria. Lei che fino a quel momento aveva taciuto per proteggere la sua famiglia, si ribella. La ribellione è l’estremo gesto d’amore. Gli orchi le hanno rubato gli anni ma non l’anima che ancora fa luce dentro di lei e arde. Anna Maria denuncia. Anna Maria viene creduta, protetta e seguita dallo Stato finalmente presente. Inizia il processo, ci sono mafiosi tra gli imputati e un paese che si schiera con loro. Ci sono i tre gradi di giudizio, anni che trascorrono e loro, gli orchi che vengono sempre condannati. Anna Maria ricomincia a respirare dopo anni in cui il fiato lo aveva trattenuto, bloccato dentro la sua disperazione.

Oggi Anna Maria e la sua famiglia non vivono più a San Martino. Sono andati via, troppe minacce, troppo pericoloso. Vivono nascosti e protetti. E mercoledì sera, Anna Maria arriva sul palco circondata da un pubblico emozionato. Le stanno vicino le attrici e il regista, ci sono Antonella Tassitano e Luciana Bova Vespro le donne della Collettiva AutonoMIA di Reggio Calabria che tanto hanno voluto e fatto perché lo spettacolo fosse su quel palco. Arriva il sindaco di Reggio Calabria Falcomatà per omaggiare la donna, per dire la vicinanza di una città. Ma soprattutto c’è lei, con il capo coperto e gli occhiali da sole che le coprono il volto. La Calabria non può guardare Anna Maria. E lei a questa terra che troppo le ha tolto, regala parole forti e potenti che solo chi ha molto sofferto e molto ha amato sa tirare dal profondo dell’anima.

Gramigna

 

* foto Marco Costantino