di FILIPPO VELTRI -
Dopo le elezioni del 31 maggio la situazione nel sud si e’ fatta piu’ chiara, in apparenza piu’ favorevole, sicuramente piu’ aperta ad un diverso rapporto con il Governo Renzi, la cui attenzione concreta per il Mezzogiorno – ormai il giudizio e’ quasi unanime – e’ pari pressoche’ a zero (leggere le ultime dichiarazioni del Presidente Napolitano per rendersene conto).
I Governatori eletti nell’ultimo biennio dall’ Abruzzo in giu’ appartengono tutti, infatti, ad una genia di dirigenti politici della sinistra assai sperimentati, non vicini al cerchio magico gigliato,quasi tutti sopportati dal suddetto cerchio magico che ha fatto di necessita’ virtu’, cioe’ ha deciso di vincere con forze non sue. Anzi a volte dichiaratamente lontani dall’impostazione renziana.
Un patto per il sud sarebbe quindi il passo successivo a queste varie tornate elettorali, che ci hanno consegnato una forza d’urto non indifferente, su una linea chiara sia di critica che di proposizione positiva. Aspettiamo ora i fatti e li aspettano soprattutto le popolazioni, alle prese con i mille problemi di cui si parla quotidianamente. Ci aspettiamo ovviamente non una linea becera sudista o filo borbonica ma una puntuale, precisa, rigida difesa delle ragioni del sud, sul piano politico, sociale, economico, culturale, infrastrutturale.
Come ci arriva la Calabria a questo snodo storico? La situazione in Calabria è così grave che senza un patto tra le principali forze sociali, la Regione e le istituzioni locali, non si va da nessuna parte: parole e musica del presidente Mario Oliverio, che cosi’ ha rilanciato il patto per la Calabria.La gravità dei problemi ed i guasti che sono stati determinati in questa regione nel corso di un lungo periodo di tempo sono infatti tali che solo attraverso uno sforzo unitario generale intorno ad un percorso condiviso si può uscire da questa situazione.
Il documento elaborato dalle forze sociali si chiama appunto “Patto per la Calabria” e rappresenta un atto di grande responsabilità, un punto significativo di questo percorso, perché è espressione di grande maturità nella valutazione complessiva dello “status” drammatico in cui versa la nostra regione.
Davanti alla Calabria c’è un duplice ordine di problemi da affrontare. Il primo riguarda il rapporto con lo Stato centrale. Un problema che non appartiene solo alla nostra regione, ma all’intero Mezzogiorno. Non è affatto vero che gli effetti della crisi si sono riversati con la stessa intensità e con la stessa misura su tutte le regioni del Paese. Mentre al nord c’è stata una situazione di partenza vantaggiosa, un tessuto produttivo forte che, in qualche modo, ha reagito ed attutito i danni, nel Mezzogiorno ai problemi preesistenti se ne sono aggiunti altri e ancor più gravi. Ha piovuto sul bagnato e il ritardo del sud rispetto al resto del Paese si è ulteriormente aggravato. Ora bisogna invertire la tendenza e, per farlo, c’è bisogno di assumere scelte e politiche che vadano nella direzione opposta a quella verso cui sono andate finora. Occorre assumere politiche e scelte che, purtroppo, ancora non si vedono.
Un solo esempio: il comma 122 della legge sul Patto di Stabilità drena al Mezzogiorno 3 miliardi e mezzo di risorse già destinate a questa parte del Paese. Tutte le risorse non spese al 30 di settembre 2014 vengono ricondotte in un fondo non per essere reinvestite nelle regioni del Sud, ma per essere destinate altrove. La seconda questione riguarda pero’ noi stessi. Non possiamo più proporre ed inseguire vecchi schemi. Dobbiamo fare un salto di qualità e riconquistare fiducia e considerazione, definendo obiettivi per lo sviluppo che abbiano come cardine il lavoro e il sostegno alle imprese. Fare rete cioe’ valorizzando le esperienze che gia’ oggi ci sono.
Su questi temi si gioca il futuro non solo di un progetto politico ma di tutta la Calabria.