di ALDO VARANO
- Dall’indagine Erga Omnes (contro tutti) abbattutasi come uno tsunami sulla Calabria emergono due problemi nettamente separati ma ugualmente drammatici.
IL PRIMO. E’ vero che bisognerà attendere le conclusioni definitive della giustizia distinguendo tra chi ha presentato un conto spese non correttamente compilato e chi s’è intascato soldi a gogò rubandoli alla comunità. E’ altrettanto vero che, come in tutti questi casi (che spesso si sono risolti con molti proscioglimenti e/o assoluzioni), si ritrovano uno accanto all’altro chi non ha violato il patto d’onore con gli elettori, ed ha diritto a una solidarietà piena, e chi quel patto se l’è messo senza pudore sotto i piedi.
Ma è altrettanto vero che qui ed ora i calabresi non potranno distinguere. Dobbiamo attenderci crescenti devastazioni. Intanto, un incarognimento del rapporto tra i calabresi e la politica (tutta). L’esercito dei disoccupati, chi rischia il lavoro ogni giorno, quelli (e sono moltissimi) che non riescono più a collegare pranzo e cena e hanno già iniziato a saltare la colazione, non avranno alcuna pietà e sarà difficile dargli torto. In Erga Omnes ritroveranno per intero la spiegazione della loro disperazione. Il rafforzamento del convincimento duro che in Calabria va tutto male perché sono tutti ladri. La certezza che la politica (tutta) ruba speranze e affossa futuro. Un insieme rancoroso e cupo che indebolisce la possibilità di un riscatto che è impensabile senza la fatica e la voglia del popolo calabrese. Se lo segnino nella mente tutti i politici: mai il discredito della democrazia è stato così pericolosamente alto nella percezione popolare che, da questo degrado, viene rigettata verso la disponibilità a qualsiasi avventura. Non sarà facile uscirne.
IL SECONDO. Bisogna decidere rapidamente cosa fare della Calabria. Si può anche chiedere un bombardamento al napalm per la distruzione radicale di questa nostra anomalia selvaggia (uso il bel titolo di un libro di Pasquino Crupi).
Ma chi non è per questa linea ed è convinto (come chi scrive) che la storia non fa mai a nessuno il regalo di fermarsi e/o finire, deve decidere quale sia, in questo momento, non in un altro, la cosa migliore per l’interesse generale della Calabria.
E’ meglio che s'azzeri tutto con le dimissioni di Oliverio e del Consiglio regionale o bisogna guardare in faccia la realtà, azzerare il moncone di giunta che c'è e formarne subito, una nuova con assessori interni e/o esterni, tutti e nessuno escluso, alla loro prima esperienza a Palazzo Campanella e scelti con criteri solamente meritocratici e di competenza?
Fermo restando che la scelta tocca ad Oliverio che, fino ad ora, non ha scelto un granché, bisogna avere chiaro cosa significhi fare una cosa o l’altra. Azzerare le elezioni di sei mesi fa, caricando la colpa oltre che alla politica anche a tutti i singoli cittadini che hanno votato ed eletto l’attuale Consiglio, difficilmente risolverebbe i problemi della Calabria. Arriverebbero i Commissari sui quali si può chiedere a Reggio, che un tempo li invocò e ora non lo rifarebbe neanche sotto minaccia armata. Il dilemma è netto: ci togliamo il gusto di fargliela pagare ai politici corrotti con la stessa virulenza di quel signore che si mutilò per far dispetto alla sua signora oppure tentiamo - tentiamo qui ed ora e con la riserva di dire bandista e pentirci – di tenere fermo l’orizzonte dei problemi calabresi e delle tragedie che, rimborsopoli a parte, ci stanno affogando.
Va poi aggiunto che con lo scioglimento daremmo un altro colpo al Teorema Mezzogiorno, all’insieme cioè delle teorie sempre più diffuse in Italia che sostengono che per la Calabria non c’è più niente da fare e quindi tanto vale lasciarla a se stessa. Saremmo i soli, noi dell’Anomalia selvaggia, ad avere un Consiglio regionale sciolto fin dalle prime (infauste, onorevole Oliverio) settimane di vita. Una sequenza-fotocopia del primato già in nostro possesso per aver conosciuto lo scioglimento per mafia della più grande città calabrese.
L’Italia, dove contiamo sempre di meno e veniamo percepiti con sempre maggior fastidio, non si stupirebbe per questo epilogo. Nessuno in Italia si stupisce di quel che accade in Calabria, dei fatti calabresi che invece e diversamente dal passato vengono usati nella guerra per l’accaparramento delle risorse. Non un problema culturale d’immagine o d’etichetta, ma una questione di quattrini da spostare nelle terre di Salvini e Berlusconi o altrove prelevandole dal Sud miserabile che crea un problema via l’altro. Non è questa la storia raccontata dai numeri degli ultimi decenni?
Ecco perché il Governatore dovrebbe tenere i nervi saldi e parlare subito alla Calabria. Metta una pietra sopra tutto. Non perda tempo a giustificare o spiegare. Annunci ai calabresi quel che vuole fare domani e lo faccia in tempo reale. Non dopodomani, quando potrebbe già essere tardi.
P.S. Tra pochi giorni la Consulta sarà chiamata a decidere sulla legge elettorale calabrese. Mai avuto nessun dubbio sulla capacità dei componenti della Consulta di tenere separate cronaca (lettera minuscola) e Giustizia (maiuscola). Ma siamo tutte persone (per fortuna) e potrebbe rivelarsi importante che i componenti della Consulta vedano, prima di deliberare, oltre ai titoli dei giornali sul degrado della Calabria anche quelli del tentativo(d'accordo, solo un tentativo) di riscossa.