Trama trita e ritrita, no? Ma se uno di questi personaggi non avesse più margine di crescita?
Se pensiamo ad un cartone animato, (che sarebbe meglio chiamare Anime), ci vengono in mente i classici Dragoon Ball, All’arrembaggio, Naruto, oppure, andando un po più indietro Ranma ½, Mazinga Z, Gondum, Capitan Harlock.
Tutte “Anime” che hanno lasciato il segno in noi, figli degli anni ’90 e ’00, follemente innamorati di Ash e Pikachu, Nobita e Doraemon passando per Gon e Killua, e nei nostri genitori che, se da genitori si opponevano in qualche modo alla visione delle fantastiche avventure di questi personaggi, dall’altro erano stati vittime loro stessi di eroi (e antieroi) immortali dei cartoons come Lupin, L’uomo Tigre, Lamu, Goldrake e tanti altri.
Le trame sono spesso stereotipate, con un crescendo comune per tutti i protagonisti di queste storie: il viaggio dell’eroe di Vogler per sintetizzare, con le medesime difficoltà nel riuscire a superare i problemi e i “cattivi” che si paravano di fronte, le alleanze, i duelli e poi alla fine la grande compagnia che riesce a distruggere il boss finale.
Trama trita e ritrita, no? Ma se uno di questi personaggi non avesse più margine di crescita? Se uno di questi personaggi risultasse talmente tanto forte da non poter perdere mai, sapendo (lui protagonista e noi spettatori) che la vittoria è e sarà sempre dalla sua parte che gusto ci sarebbe a guardare questo anime?
A questa domanda risponde senza alcun tipo di problema One-Punchma-Saitama, l’eroe per hobby di questo universo, colui che, come dice il nome stesso, sconfigge tutti con un pugno. E che forse ha sconfitto il pathos e l’epicità singolare della lotta.
Potrebbe sembrare eccessiva ed eufemistica come descrizione di un cartone che (per ora) ha solo 12 puntate ma l’estrema originalità della trama si presta. Non soltanto battaglie con una fine già scritta, ma la depressione e il dilemma esistenziale di un protagonista condannato, suo malgrado, a un destino da vincitore perenne.
Saitama, dopo un duro allenamento durato tre anni ha sviluppato doti fisiche impareggiabili. In pratica è invincibile. Ma l’attenzione, come detto, non si ferma sulle battaglie vere e proprie che la trama impone, e che vanno tutte a finire nello stesso modo, bensì sul modo in cui lui sembra affrontarle: disilluso, cinico, svogliato, e con grandi aspettative che vengono puntualmente deluse dal mostro gigante, della terra o del sottosuolo, di turno.
Senza però mai riuscire a trarre alcun tipo di gioia in ciò che fa ma con la consapevolezza (che può apparire presunzione, ma in realtà è una condanna) che in qualsiasi contesa lui sarà sempre il vincitore. Una specie di Achille del futuro, con l’amara potenza solitaria degli eroi troppo forti per essere vivi e presenti agli altri.
Un Anime diverso non soltanto nella trama, ma in come lui la percepisce, la vive. La futuristica apatia della sua vita e dei suoi desideri comporta sia sorrisi che riflessioni. Simboleggia una moderna condizione giovanile: non basta far bene. Saitama percepisce il mondo con un distacco solenne, ma con una feroce determinazione che non lo abbandona; e si collega all’aforisma di un altro grande protagonista del mondo dei fumetti: dare sempre il meglio in ciò che facciamo anche se siamo i migliori a farlo (James Howlett, meglio conosciuto come Wolverine).