Issa (la Calabria), isso (i calabresi onesti), e 'o malamente (il potere regionale, buona parte della classe dirigente, il governo centrale). Sarebbe una sceneggiata migliore di quelle di Merola, se non fosse che la Calabria e i calabresi stanno in una condizione che definire tragica è riduttivo.
Quello che abbiamo visto in tv in questi ultimi giorni (ultima in ordine di tempo, la surreale performance di Cotticelli da Gilletti), immerge tutti nel baratro della conduzione della sanità in Calabria.
Rimosso un commissario, se ne nomina un altro che, dopo aver dato prove di sé nella regione non precisamente eccelse, pensa che il covid dipenda da baci prolungati 15 minuti e dice anche il falso, visto che l’affermazione non è delle prime settimane dell’epidemia, ma di fine maggio 2020. (Ma Speranza lo difende in tv).
Non parliamo del presidente facente funzione della regione, che, dal canto suo, non sa neppure quante siano le terapie intensive in Calabria “attivate” e “da attivare”.
Un marasma, insomma.
Come si può uscire da una situazione di eccezionale gravità, come la pandemia in atto, se non con una comunità unita, che abbia fiducia in chi ha il compito di amministrarla?
Se la comunità si ritrova, senza ombra di dubbio, carne da macello, le resta: o la disperazione; o l’indifferenza (muoiano tutti, speriamo che io me la cavo); o la lotta per il cambiamento. Che deve superare il rischio della rivolta rabbiosa e senza risultati.
Questo, comunque vada, è lo snodo epocale della Calabria. O riusciamo a far intendere che esistiamo anche noi, cittadini a pieno diritto (non sospettati, a priori, d’essere tutti delinquenti, ‘ndranghetisti e massoni). Oppure, semplicemente, la nostra terra uscirà definitivamente dalla Storia.