Prisoner 709, pubblicato da Caparezza, che come suo costume, sperimenta, rinnova il repertorio e si propone come artista a tutto tondo
Sulla scena musicale dominata dai vari Gue Pequeno, Ghali (che tutto sommato è qualcosa di nuovo), J-ax e Fedez, irrompe un album che travalica i limiti del settore rap/Hip-hop (o trap) italiano: Prisoner 709, pubblicato da quella capa rezza di Caparezza che, come suo costume, sperimenta, rinnova il repertorio e si propone come artista a tutto tondo.
Già dal suo precedente album Museica (autoprodotto e basato su esperienze artistiche in giro per il mondo come Mica Van Gogh, creato dopo aver visitato il museo dedicato proprio all’artista olandese) o dall’esperimento di Cover, che l’aveva anticipato (completamente dedicata alla musica amata da Michele), si notava un completo distacco dagli stereotipi di un genere che, ormai, gli sta stretto e non gli appartiene più.
Museica è un album fondamentale per la scrittura di Prisoner709: o meglio, decisivo per l’esperienza è stato il tour associato all’album; infatti durante il MuseicaTour, Capa è stato perseguitato da un disturbo perenne alle orecchie: scoprirà solo a luglio 2015 che si tratta di acufene, disturbo uditivo che fa sentire un fischio in realtà inesistente.
Chi segue Epì immagino abbia avuto un’adolescenza – e non solo quella - costellata di concerti di ogni tipo: italiani e non, rock, pop, ecc. Oppure gli sarà capitato di andare almeno una volta in discoteca e uscendo dal locale sentire quel fastidioso fischio: ecco, quello è l’acufene, solo che quando diventa patologico si moltiplica per mille.
Il genio di Caparezza trasforma questa persecuzione in una opportunità dai risvolti artistici: battezza il malanno- lo chiama Larsen- gli parla, lo interroga, trascinando poi i pensieri su spazi più ampi e di carattere universale.
Tutto l’album diventa una riflessione su se stesso, che sfocia in una lotta simbolica tra i due numeri 7 e 9 (non casuali), e creando i presupposti per un ulteriore salto di qualità.
Il singolo da cui prende il titolo l’album Prisoner709 (con lo zero letto come la O italiana) riecheggia nei testi atmosfere da James Joyce post 2000, un flusso di coscienza con filo conduttore, intrecciandosi ad un sound che fa l’occhiolino al rock. la battaglia interiore tra Michele ( nome composto da 7 lettere) che non sa come andrà il suo futuro - considerando non solo l’acufene, ma il personaggio che ha creato – e Caparezza (composto invece da 9 lettere) produce alla fine un risultato: continuare ad “elevare i contenuti” di ciò che scrive. L’evoluzione dell’artista entra nella fase della consapevolezza. Il resto dei brani lo testimonia.
Fino ad arrivare al geniale Migliora la tua memoria con un click, dove Caparezza duetta con Max Gazzè, e dalla lotta tra ricorda (7) e dimentica (9), scaturisce la necessità dell’utilizzo intelligente della tecnologia (“non venerare la modernità è di plastica/negli anni ’30 la modernità era la svastica”).
Nel disco non manca la probabile hit: Ti fa stare bene, (sottotitolo l’ora d’aria, frivolo contro impegnato), in cui non risparmia una piccola frecciatina ai contenuti rap del momento “Canto di draghi, di saldi, di fughe più che di cliché” (droghe, soldi e l’ultima la capite da voi).
I due singoli estratti dall’album – quest’ultimo e Prisoner709 – sono, a livello musicale, in contraddizione tra loro: da un lato una canzone che potrebbe diventare un tormentone, dall’altro, forse, il brano più “duro” dell’album.
Ultima ma importante considerazione: per la seconda volta - dopo Museica - Caparezza si affida alle sagge mani di Chris Lord-Alge per il missaggio. Parliamo di un personaggio che ha lavorato con Green Day, Muse, U2 e talmente tanti artisti che solo questo basterebbe per dare un colpo d’occhio, o d’orecchio (attenzione al fischio!), all’opera del molfettese dalla chioma che rievoca quella, storica, di Branduardi e che continua ad essere personaggio di spicco del panorama musicale italiano.
Prisoner 7O9 è un gran bel disco. Acquistatelo, e non vi pentirete.