La 'ndrangheta, la bellezza e le domande giuste

La 'ndrangheta, la bellezza e le domande giuste

Aldo Varano, don Pino Demasi, Michele Albanese e Oriana Schembari alla presentazione di "Una vil razza dannata?" (edizioni Città del Sole) Foto di Mara Rechichi

di MARIA FRANCO

Fare (farsi) le domande giuste è compito necessario per chiunque voglia interpretare bene la realtà. Diventa assolutamente indispensabile per chi, su quella realtà, intenda positivamente agire.

Vale per tutto. Anche per la Calabria.

Non trovo, quindi, da obiettare, a quanto sostenuto dal direttore di Zoomsud, alla presentazione mercoledì scorso a Polistena di Una vil razza dannata? Riflessioni sulla Calabria e i calabresi, il volume da lui curato insieme a Filippo Veltri, recentemente edito da Città del Sole.

Aldo Varano ha infatti contrapposto a tutte le risposte che attualmente si danno sulla presenza della ‘ndrangheta in Calabria - in un variegato arco di pregiudizio e di ideologia, ovvero di valutazioni sostanzialmente razzistiche o di considerazioni inficiate da schematismi ideologici - una sola domanda: perché, nell’arco degli ultimi trenta anni, mentre la mafia e la camorra hanno subito sconfitte, lo Stato non è riuscito a vincere la ‘ndrangheta?

In effetti, una simile domanda – a meno di volerla liquidare con un’ipotetica tendenza delinquenziale dei calabresi – dovrebbe costringere ad una analisi complessa e puntuale dei fattori storici, politici, sociali, economici, culturali che mantengono/sostengono/rafforzano la ‘ndrangheta. Un’analisi tale da inverarsi in un’azione, o in un complesso di azioni in grado di piallarla o, quanto meno, indebolirla seriamente.

Senza voler peccare di benaltrismo, mi chiedo, però, se la domanda che gli intellettuali calabresi dovrebbero porsi prima di ogni altra non vada oltre la tematica ‘ndrangheta, per concentrarsi (insieme a quella) su un insieme di interrogativi: Come far muovere una terra così statica? Quale economia è possibile, nelle presenti condizioni storiche, e nell’attuale contesto nazionale e internazionale, con uno sguardo lungimirante al futuro? Come salvare il salvabile del territorio valorizzando le oasi di eccezionale bellezza? (Giusto ad esempio: ho recentemente visitato Bova superiore, un paesaggio mozzafiato: quanti luoghi italiani, e si che abbiamo bellezze sparse dovunque dalle Alpi alla Sicilia, sono belle quanto quel borgo? Quanti in Italia ne conoscono l’esistenza?) Come abitare con la nostra storia e la nostra cultura il presente del mondo globale e ad alto tasso di innovazione?

Se la ‘ndrangheta è male, la sua sconfitta non passa anche dal definirne la forza effettiva, dal non trasformarla in una sorta di mito (di forza assoluta e inarrestabile)-alibi (una sorta di assicurazione a non smuovere lo status quo), nel chiedersi quali sono gli altri mali che non abbiamo battuto e che urge sconfiggere?