Perché dio ha creato la Calabria? I leoni della tastiera e il tifo che non c’è

Perché dio ha creato la Calabria? I leoni della tastiera e il tifo che non c’è
1 Occhiale Ray-ban d'ordinanza, jeans sdrucito e abbronzatura da Lampados.

"A Roma è cambiata anche la fauna. Roma era famosa per i gatti. Ora gatti non ce ne sono più, qualcuno se li è mangiati. Forse i cinesi? Poi c'è qualcuno che io chiamo Ahoooo...".

Antonello Venditti, immutabile a se stesso, durante la presentazione del suo libro Nella notte di Roma, ammansisce il pubblico alla Feltrinelli di Milano, volando alto con il repertorio letterario.

Il pensiero corre alla sua uscita infelice sulla Calabria, che diede origine a una fatwa tale da far impallidire gli ayatollah filokhomeinisti. Era il 2009.

Verrebbe voglia di chiedere il perché di un livore così generalizzato al netto di parole piuttosto becere ("Perché Dio ha creato la Calabria?") all'ex Salman Rushdie pariolino.

Ma quant'è credibile un popolo che si scaglia contro un tipo così?

Il caso diplomatico - insulti e valanga di proteste vibranti sul web - fu risolto, come si ricorda, grazie alla mediazione dell'allora Governatore e si chiuse con le scuse del cantautore romano.

Altro polverone in Rete. Il cranio di Giuseppe Vilella, catanzarese di Monta Santa Lucia, delinquente atavico secondo le controverse teorie lombrosiane, custodito nel Museo di Antropologia Criminale di Torino. Ha suscitato l'insorgere dell'orgoglio calabro con tanto di petizione su change.org con e raffica di commenti di calabresi indignati su Internet.

Senza facile qualunquismo, banalizzando: quando il target sensibile è lontano, innocuo o fumoso, i leoni da tastiera e i protestanti furoreggiano. A memoria non si ricordano reazioni così incazzate, almeno sui social network, quando l'obiettivo è contiguo e la conoscenza delle persone e delle situazioni agisce da silenziatore automatico. Ne sanno qualcosa i magistrati reggini presenti e passati.

Non è un mistero che nelle operazioni condotte dalla Dda di Reggio i magistrati non trovino spesso e volentieri, per così dire, sostegno morale dall'opinione pubblica, dalla cosiddetta società civile, o dalla maggioranza dei cittadini onesti. E' quasi tautologico.

Dopo l'indagine Mala Sanitas, con le intercettazioni su vagine sfondate e risatine nella clinica Mengele, sarebbe dovuto emergere furore giacobino, sdegno a volontà. Cose che non stravolgono il qaudro d'insieme certo, ma diffondono speranza. Invece: sussurri tanti, grida assai meno. "E’ come se ci trovassimo in uno stadio pieno che però non tifa, ma assiste alla partita tra forze dell’ordine ed estorsori in silenzio. Fa impressione uno stadio stracolmo che non tifa", questo diceva Salvo Boemi sempre nel 2009 dopo un'operazione condotta contro le cosche. Concetti ribaditi, all'indomani dell'Operazione 'Fata Morgana' dalle toghe reggine con l'arresto eccellente di Paolo Romeo, le opacità dei comitati d'affari e sistemi criminali che influenzano istituzioni e pezzi di economia di Reggio Calabria e che gli fanno sentenziare: “La Calabria continua ad essere infestata dalla ‘ndrangheta”.

Il silenzio dei più, quando non si trasforma in muro di omertà, è ancora troppo frequente. Per carità, occorre sfatare il tabù dei calabresi destinati alla dannazione eterna, per aver fabbricato i chiodi della croce di Cristo e dell'irredimibilità fatalista di questa terra. Decontestualizzando, ci sono i deficit di credibilità della Giustizia e il carattere speculativo dell'italiano medio. Del resto anche Ilda Boccassini a Milano si è trovata a denunciare l'assenza di collaborazione da parte degli imprenditori che non denunciano le pressioni e le estorsioni della mafia calabrese. Certo l'assenza di tifo non è un fattore secondario e coreografico e rende lo scenario più sconfortante.

"Ma se ognuno fa qualche cosa, allora si può fare molto", diceva don Pino Puglisi.