Dissetarsi di semplicità e di un sentimento palpitante di appartenenza; rinfrescarsi con l’ironia bonaria di uno sguardo sul mondo, lucido anche quando è commosso; smarrirsi in una realtà saporita come le torte delle nonne, odorosa di pastelli a cera dei bambini, nel rassicurante alveo della famigliola tenera ma mai banale, descritta da una penna tra le più dotate dell’attuale panorama letterario locale: questo è il senso rassicurante di una lettura che conquista in fretta conducendo al sorriso benevolo della bellezza.
Lo stile inconfondibile della scrittrice si sviluppa con la leggerezza di un esercizio a corpo libero: le osservazioni acute si librano nello spazio, a volte anche ristretto e spesso faticoso, di una realtà filtrata dallo sguardo di chi abbraccia la gioia, o meglio di chi tramuta in gioia le piccole consuetudini di un giorno qualunque. A volte traspare la malinconia del poeta, fa capolino dietro ricordi di figure perdute, dietro la nostalgia perenne dell’infanzia; ma dietro questi acquarelli spicca il carattere intenso della lottatrice, piccola tamburina che non si arrende, e fornisce il ritmo migliore all’esistenza senza stancarsi mai.
Tiziana Calabrò scrive senza apparente fatica; il suo viaggio nell’esistenza possiede ali da libellula, ma la sua leggerezza è anche la sua forza. Il libro vola, diventa una giostra educata e piacevole, un viaggio in un mondo colorato e con le insidie tenute bene a bada dalla composta intelligenza e dal buon senso raffinato; dalla sua postazione di mamma responsabile, di figlia curiosa, di amica generosa, di cittadina solidale, l’autrice dirama esempi di buona vita, di lealtà e riconoscenza, di paura quietata e di sdegno composto, e lo fa sempre col sorriso a fior di labbra.
Il libro diverte; l’ironia, mai sferzante, a tratti si trasforma in umorismo. Le storie si susseguono con ritmo, figli, marito e parenti vari assurgono ad attori inseriti nel piano complessivo di una strategia funzionale all’amore; il sentimento per la Calabrò non ha nulla di aleatorio: è granito puro, è fondamenta della realtà, è concretezza su cui fondare prospettive e desideri. Niente viene prima: la critica alla società dei consumi è fatta senza alcun manifesto, implicita tra le righe; gli stereotipi oscurantisti ridotti a pezzettini con la naturalezza spontanea di una Alice in Wonderland; l’appartenenza al ”Sud-suddissimo” rivendicata senza demagogia alcuna ma con forza.
“La Medaglia del Rovescio” è l’antidoto al vaniloquio estremo dei tromboni legalizzati, è la vocina di Campanellino che paradossalmente riporta con i piedi per terra, nel mondo colorato, divertito e illuminato dal gusto della vita di chi ancora spera e freme. È un esempio virtuoso di letteratura intimista, sfrondata dalle spine dell’infelicità cronica e delle problematiche legate al mondo dell’apparenza. Punta direttamente la parte più alta e nobile dell’uomo, quella metaforicamente indicata con il termine “cuore”. Lo fa senza fronzoli e senza essere patetica, abbracciandone la causa e cullando tra le braccia l’idea, visionaria come quelle dei bambini, che il segreto risieda per intero nell’utilizzo costante del sentimento come traccia, come priorità, come direzione da seguire.
Ci riesce benissimo e quando il libro termina ci sentiamo tutti migliori, e ben disposti verso la vita il mondo. A ciò contribuisce il gran finale ispirato direttamente da Marquez, con la magia dell’esistenza che, attraverso i ricordi delle nonne, si ricompone come in un puzzle portentoso con la vita che fluisce dal passato e dona il senso al presente, illuminato dalla luce di chi, semplicemente, riesce a raccontarlo.
“La Medaglia del Rovescio” – di Tiziana Calabrò – Falzea Editore
Il librò sarà presentato Giovedi ore 19 presso l’Auditorium della stazione FS di Santa Caterina nell’ambito della rassegna Calabria d’Autore.