“A Broglio, la coltivazione dell’olivo è indicata dalle analisi sul contenuto di uno dei pithoiFrase di oggi, in un qualunque frantoio tradizionale.
del magazzino del Bronzo finale nel settore D Nord, ... Alessandro Vanzetti, Sibari
Protostorica, dal volume SIBARI, a cura di Giorgio Delia e Tullio Masneri.
Edizioni Il Coscile, Castrovillari, 2013.
“La pressione a quanto è arrivata nella pressa? E per quanto tempo?”
Tra le prime grandi giare dell’età del bronzo in Calabria e le presse passano 3000 anni, ma il miracolo della produzione dell’olio si rinnova. Le prime tracce a Castelluccio (Sicilia) 4000 anni addietro, poi il più grande frantoio di olive conosciuto dell’età romana in Tunisia, un enorme complesso con almeno venti presse a trave, oggi i moderni frantoi a ciclo continuo.
Dalle tecnologie necessarie 3000 anni addietro per costruire contenitori capaci di garantire la conservazione per lunghi periodi alle centrifughe da 7000 giri, tutto per ricreare il miracolo della produzione dell’olio. L’olio d’oliva fa parte della “trinità mediterranea” (olio, vino, grano) già dall’epoca protostorica. L’olio è fondamentale nei momenti strategici dei sacramenti cristiani: battesimo e cresima. Il vino e il pane hanno il ruolo decisivo nella Messa quotidiana, l’olio nei momenti dell’unzione sacra quindi solo poche volte nella vita.
Nell’antica Grecia ad Atene, tagliare o danneggiare un olivo sacro era considerato un crimine gravissimo: la pena prevista era la condanna a morte e la confisca dei beni.
Il frantoio è ancora il momento unificante, esperienze diverse, conoscenze e competenze, tutto si incontra. Le discussioni da frantoio riguardano l’annata agraria, i risultati previsti, le prospettive agricole, le concimazioni, le potature, le macchine da utilizzare, mai discorsi futili o gossip.
In poche ore il frutto di un anno di lavoro si concretizza, davanti agli occhi degli agricoltori che seguono con attenzione e apprensione il processo di trasformazione. La meccanica agraria ha fatto molto per semplificare e migliorare il processo di trasformazione. La prima fase dopo la raccolta avviene con l’eliminazione delle foglie rimaste insieme alle ulive, prima questa fase si svolgeva interamente a mano, oggi è meccanizzata. Da qui in poi i processi si dividono, da una parte ci sono i frantoi tradizionali con i processi di macinazione e pressatura, dall’altra i frantoi moderni a ciclo continuo con i frangitori e i decanter. I primi rimangono nicchie artigianali, i secondi si impongono sempre più per le caratteristiche industriali che permettono un miglior controllo della produzione. I primi mantengono
l’aurea di verificabilità di tutte le fasi perché la “pasta” rimane sempre a vista, i secondi garantiscono un prodotto igienicamente controllato.
Alla fine c’è sempre il separatore, dove l’olio viene separato dall’acqua. Ma prima di queste magnifiche macchine, gioielli tecnologici, c’era il “mastro dell’olio”, era il responsabile della lavorazione, colui che decideva tempi e modalità del processo. Non era solo un esecutore, ma un vero artigiano che univa conoscenze pratiche, esperienza e sensibilità per ottenere un olio di qualità. Spesso era una figura rispettata nella comunità contadina, perché dall’abilità del mastro dipendeva la bontà e la resa dell’olio, alimento prezioso e simbolico.
Il mastro dell’olio spesso era anche il “mastro del piatto”. La sua grande competenza veniva fuori nel momento finale della separazione dell’olio dall’acqua. Il mastro con un piatto sottilissimo era in grado di raccogliere l’olio dai contenitori dove arrivava mischiato con l’acqua, dopo le presse. Sfruttando la differenza di peso specifico tra i due liquidi, il mastro riusciva a raccogliere l’olio. La capacità doveva essere duplice, non bisognava andare troppo in basso con il piattino perché si sarebbe raccolta acqua, non bisognava andare troppo in alto perché si sarebbe lasciato l’olio nel contenitore degli scarti. Era necessaria una precisione chirurgica. Il senso della giustizia derivava anche da quella precisione estrema.
A questo punto il verdetto finale: quanto hanno reso? Risposte sempre ambigue, difficili, mediate tra i fatti ed il racconto. Quanto accade prima della molitura e quanto accade dopo torna nell’alveo dei fatti individuali, delle decisioghi ni del singolo agricoltore, delle storie e delle tradizioni familiari, della cultura dei luoe delle contrade, della tipologia di coltivazione che sceglie, del canale di vendita che utilizza. Il momento della molitura è un rito collettivo, culture che si confrontano: chi scommette sulla trasparenza delle presse e chi sull’igiene del torchio continuo; chi sulla soggettività artigianale e chi sulla oggettività industriale.
Prima e dopo la molitura, l’olio vive nelle vicende intime di ciascuno; soltanto nel cuore del frantoio, quando le macine girano e la comunità si raduna, il tempo si fa collettivo e il rito diventa condiviso. La Calabria, la Sicilia, il Mezzogiorno, le regioni frontaliere del
Mediterraneo parlano lo stesso linguaggio, sentono le stesse emozioni, realizzano lo stesso miracolo, dall’inizio della storia.
*Prof Unirc