Quando la modernità mi fa temere un peggior futuro

Quando la modernità mi fa temere un peggior futuro

mondo

di MARIA FRANCO

 

Ci sono onde lontane, eppure ugualmente molto preoccupanti: perché, prima ancora di fare “ah” possono arrivare a riva. E scriccioli distanti che sarebbe bene puntellare prima che la casa frani addosso. E modernità che sprigionano veleni sul futuro. Lo so che posso passare per una vecchia bigotta, ma è quello che penso.

Dal Belgio arriva la notizia che è diventata legge l’eutanasia applicata ai bambini, ovvero i bambini dovranno dire di sì alla loro morte. Naturalmente, sotto la veste “compassionevole”. C’è da discuterne? A me pare solo un orrore.

Poi c’è una notizia – che non intendo comparare alla prima, è solo che sono arrivate più o meno in contemporanea – che viene dall'Italia per tre volumetti su “Educare alla diversità”, commissionati dal Ministero delle Pari Opportunità e destinati alle scuole elementari, medie e superiori.

L’intenzione – dichiarata – è buona: evitare discriminazioni verso gli omosessuali. Lo svolgimento, con tutti gli annessi sottotesti, è discutibile: assai.

Dunque, dice il primo di tali libretti, è ora di smetterla con le fiabe. Cenerentola, Biancaneve, la Bella Addormentata hanno un difetto che l’epoca moderna non può più tollerare: insegnano, tra l’altro, che il matrimonio, coronamento dell’amore, è faccenda di un uomo e di una donna.

Meglio, quindi, raccontare storie di due uomini, due donne o come vi piace: ma un uomo e una donna no, non è più cosa. Meglio - c'è proprio scritto - imparare a svolgere problemi del tipo: "Rosa e i suoi papà comprano tre lattine di latte da due euro. Quanto spendono?".

Qualcuno un giorno si alzerà e dirà, senza morire di vergogna per tanto ridicolo, che Dante e Manzoni, Tolstoi e la Austen sono retrogradi superati: che ce ne dobbiamo fare noi, che viviamo le leopardiane “magnifiche sorti e progressive” della contemporaneità, di Paolo e Francesca, Renzo e Lucia, Natascia e il principe Andrej, Liz Bennet e Darcy?

Quanto sia diffusa nel paese l’urgente necessità di questa sorta di gender de ‘no atri non saprei. A me fa lo stesso effetto delle scuole italiche che, a Natale, mettono in scena cose che non hanno alcuna attinenza con la festa in questione per non offendere gli islamici, che chissà perché dovrebbero poi offendersi per un bel presepe vivente.

A questa tematica – indirettamente – si aggancia un tema che si fa sempre più spazio. Quello del genitore A e del genitore B. Non so voi, ma io, al momento, non conosco nessuno che non sia stato partorito da una donna. C’è un nome ad indicare tutto ciò: madre, mamma, mammina, ecc. ecc. E c’è un nome per indicare il suo compagno, marito, fidanzato o qualsivoglia: padre, papà, babbo, ecc.ecc. Certo, la firma alle note scolastiche et similia, può benissimo metterla “uno dei genitori”. Ma, attenti, ad intaccare due termini – padre, madre – in cui affondano le radici di ciascuno di noi.