Calabria c’è un’ampia scelta, avremmo parlato solo dell’ennesima tragedia su una strada assai pericolosa. Invece erano di San Luca i quattro morti e quando si parla del paese aspromontano si parla soprattutto di altro. A torto.
San Luca ha subito in tutti questi anni, sono decenni, una lunga scia di dolore, di morti, di pianti, di lacrime. Oltre 30 anni fa, era il 16 gennaio del 1990, in quel di Luino, nel nord dell’Italia, quattro furono uccisi a sangue freddo dai carabinieri perchè sospettati di preparare un sequestro di persona. Un’esecuzione in piena regola. Erano tre di San Luca ed uno di Natile di Careri. Reagì il paese dove nacque Corrado Alvaro ma da lì in poi si scatenò l’ondata razzista con centinaia di lettere contenenti improperi e offese inviate all’allora sindaco di San Luca. Ne feci assieme al mio amico e collega Diego Minuti un libro (mi si perdoni l’autocitazione ma serve per dire altro) che si chiamava ‘’Lettere a San Luca’’, che appunto 34 anni fa Giacomo Mancini e Pasquino Crupi (pace alle loro anime) vollero premiare coraggiosamente con il Premio Sila.
Furono quei due coraggiosi tra i pochi politici e intellettuali, calabresi e italiani, che capirono non solo quello che stava dietro l’esecuzione di Luino ma anche che quella montagna di insulti nelle lettere inviate al povero sindaco Strangio, tutte spedite dal nord Italia, nascondeva a stenti un razzismo crescente che poi sfociò nei movimenti politici che oggi ci ritroviamo, magari un pò più ripuliti nei toni ma sempre lì siamo. Scrisse cosi’ Corrado Stajano nella prefazione al libro: ‘’…è ancora acerba da noi l’idea di nazione e sono gravi e pregiudiziali i problemi irrisolti e lasciati a marcire da una classe dirigente incapace e corrotta..’’.
San Luca e altri paesi dell’Aspromonte ionico conobbero e pagarono per una lunga stagione di delitti collegati ai sequestri di persona, una piaga orribile che devastò tutta l’Italia, che poi finì perchè le cosche mafiose si dedicarono alla ben più remunerativa stagione del traffico di droga, che è invece tutt’altro che finita, mentre scoppiava - ancora a San Luca - una terribile faida tra famiglie e cosche rivali. Una faida che portò altri delitti, altro sangue, altre lacrime, altra infamia, altro marchio maledetto.
E non era finita, perchè sullo sfondo c’era la famigerata strage di Duisburg, nella pizzeria in Germania dove si scatenò un’altra puntata di quella faida. E’ storia nota e arcinota ma tutta l’opinione pubblica mondiale puntò quel pugno di case aggrappate alla montagna come l’obbrobrio del mondo intero.
San Luca ha infatti sempre rappresentato questo: il buco nero dove buttare tutto, le malefatte vere e quelle fasulle, un immaginario dolente e un immaginario silente.
Mi hanno molto colpito le semplici e accorate parole dell’attuale sindaco di San Luca nei giorni immediatamente successivi all’incidente stradale di Montauro, per sottolineare come si invocasse una normalità di narrazione almeno in queste tragedie e mi hanno fatto tornare alla mente gli sforzi che in quel paese si stanno facendo per un ritorno appunto alla normalità: la biblioteca, il campo di calcio, la
squadra locale in serie D che gioca i derby con la Reggina e con il Locri e tanti altri tentativi.
Il tutto in un mare di difficoltà, interne ed esterne, in cui continua a pesare la cappa del marchio infame. Ma quelle quattro vittime di Montauro meritano oggi solo lacrime, altre lacrime, tante lacrime, altro dolore. E basta. San Luca non merita altro, èL gia’ tanto questo nuovo dolore.