LA RECENSIONE. Tutta una vita, Saverio Strati, Rubbettino (parte Seconda)

LA RECENSIONE. Tutta una vita, Saverio Strati, Rubbettino (parte Seconda)

stratiS

Entropie del narratore
In Tutta una vita Strati, in piena megalomania sapienziale, profonde a piene mani nozioni a volte elementari, a volte stravaganti, a volte superficialmente raffazzonate, di discipline rimaste per lungo tempo estranee al suo pensiero e adesso gratuitamente impiastricciate sulla pagina.

E non si discerne quale sia il pensiero dell'autore e cosa, invece, egli abbia scopiazzato da manuali di scuola media triturati e calati nel minestrone:

Per quanto riguarda l'architettura, …, è un condensato di filosofia, geometria euclidea, non quella di Einstein, e di matematica. … per me il più alto e segreto linguaggio, che la natura racchiude in sé, sono i numeri, senza i quali le cose non esisterebbero, ossia non avrebbero consistenza. Pensa che al livello sub-atomico la materia non esiste, e non esiste perché sono assenti i numeri … La logica scritta è pensiero fluido, scorrevole. Ciò che scorre non è perfetto; è perfettibile per via della ricerca. L'architettura è logica attuata e resa funzionale, fruibile …  204-205.  

 In apertura, volendo spiegare cosa sia l'architettura, Strati dice che è costituita (è un condensato) anche di geometria euclidea e di matematica, ove sembra che l'una e l'altra siano cose differenti legate dalla congiunzione. Dimentica quindi che la matematica è una scienza che include aritmetica e geometria.

Ma l'architettura, prima condensato di filosofia geometria euclidea e matematica, diventa poi logica attuata e resa funzionale. E quella idea dei numeri come essenza del mondo (che è pitagorica, platonica e galileiana) qui viene incastonata tra le due idee di architettura come se fosse partorita dalla mente dello scrittore. E che vuol dire che la logica è pensiero fluido, scorrevole e che, subito dopo, l'architettura è logica resa funzionale? È perciò anche scorrevole l'architettura? E, se lo fosse, che cosa significa la definizione?

Altrove, p. 216, volendo celebrare l'architettura come professione che «lascia il segno della stirpe» (cosa mai vorrà dire questa definizione?) aggiunge l'espressione «al posto di fargli fare medicina o magistratura» ove è chiara la dissociazione tra il primo termine, che indica una facoltà universitaria, e il secondo che indica una professione cui si accede partendo dalla laurea in giurisprudenza.  

Ma si vada a p. 149 per trovare un'altra perla innestata ad un discorso sul rapporto fra umano e divino: 
e mi passò per la mente una proposizione letta, non ricordavo più dove, che mi aveva impressionato, stordito, lasciato molto sorpreso: «Se tutto viene da me, io (Dio) da dove vengo?»  La geometria euclidea è piana; serve a misurare i campi e fare architettura; quella di Einstein è curva; è adatta a misurare gli spazi celesti. Devi comprare il libro che hai visto in vetrina la notte scorsa … Anche questa pioggerellina del cacchio oggi!    
Il primo periodo ripropone chiaramente l'argomento di Dio come «causa incausata» della teologia tradizionale che il pensiero kantiano aveva messo in crisi con ben altri argomenti; qui invece sarebbe Dio stesso a porsi la domanda che avevano sfoggiato i nemici della teologia.

E che dire poi della proposizione sulle due geometrie, quella di Euclide e quella di Einstein che appaiono buttate là e contrapposte, l'una piana e l'altra curva, fra la cruciale domanda divina e la pioggerellina del cacchio?
Ma Strati conosceva il libro di Euclide? Perché definisce quella geometria piana e per agrimensori o architetti, quando il libro XII degli Elementi parla anche di piramidi e prismi, di cerchi, di coni, di cilindri, di sfere?

E, una volta inserita l'affermazione che nulla c'entrava tra il prima ed il dopo, come fa, oltre che contrapporre le due geometrie, a non accennare al ruolo delle geometrie ottocentesche senza le quali non ci sarebbe stata la concezione della curvatura dello spazio di Einstein? E che vuol dire quel medesimo verbo, misurare, applicato prima ai campi e all'architettura e subito dopo agli spazi celesti?
E, in ogni caso, che senso ha inserire in un presunto romanzo tutte queste nozioni e divagazioni, gratuite e incontrollate, se non per esibire il sapere dell'autore?

Ma, a proposito di esibizioni, Strati ad un certo punto sproloquia anche di cinema:
Pochi individui sparsi per la sala, dal viso triste e vecchio. L'insieme mi comunica un profondo, confortevole senso di tetraggine, di povertà mentale, di finito, miserabilmente finito. Ebbi netta l'impressione, anzi la convinzione, che quelle poche persone non aspettassero altro, inconsapevolmente, che la morte; che non sapessero come riempire il tempo, cosa fare, cosa pensare, come agire, e che si fossero messi, di loto iniziativa, in attesa dell'arrivo di Caronte. 120. 

E, subito dopo, come si fa a disprezzare il lavoro degli altri, i cineasti, e collegarlo alla decadenza morale dell'umanità in una sorta di superomismo di bassa lega:
Non ho pazienza di vedere tutto il film, in verità banale, ma pretenzioso. Quante opere sciocche e pur costose e di successo non ha prodotto l'uomo mediocre per latri suoi simili ancora più mediocri, Signore? Perché c'è tanta mediocrità stupidità nel mondo?  Non è stato un atto di cattiveria di Dio aver seminato a così larghe mani tanta stupidità sul pianeta? 120-121,

Sembrava finita ma, dopo 130, pagine ecco che questa ingiustificata e superficiale polemica contro il cinema si riaffaccia:
Ti sei stufato dopo tantissimi film. Per mesi, per anni sei andato ogni sera al cinema e qualche volta, quando non avevi voglia di niente, quando ti sentivi ondeggiare nel vuoto, quando eri certo di non avere la terra sotto i piedi, hai visto anche due film. Che peso, che senso ha il cinema accanto alle altre arti? In fondo è una pessima e sciocca illustrazione della vita quotidiana. Non c'è la vita colta alla fonte sorgiva, come avviene nella narrativa … Ci sarà mai un Omero, uno Shakespeare nell'arte cinematografica? Un Beethoven, un Michelangelo? Ci sarà un film che fra mille anni sarà visto come noi ancora leggiamo l'Odissea? 253-254. 

E nella pagina successiva (finalmente, diremmo, date le competenze dell'Alter Ego stratiano) l'accostamento in malam partem anche tra la settima arte e l'architettura:
Il film è dunque folla, spettacolo; viene sorretto dall'anima della massa. Il romanzo no, neanche il quadro o la musica. Sono opere che devi leggere da solo, in pieno raccoglimento, per poter entrare nel vivo del grande mare dell'essere del narratore, del grande musicista o pittore. L'opera di un poeta, di un pittore, di uno scultore è opera individuale.  … E quella dell'architetto? Per costruire una chiesa, un edificio pubblico occorrono tantissimi lavoratori e tecnici. Come per girare un film. Ma ciò che conta è il progetto dell'architetto che dev'essere eseguito com'egli l'ha concepito.; e, a parte i risultati estetici che possono anche non essere buoni, c'è sempre la sua utilità che il film non ha. 255   

Anche su Chaplin Condello-Strati sente il bisogno di dire la sua.
… egli avrebbe fatto le stesse cose in un circo e avrebbe divertito poche centinaia di persone, Solo che per via della macchina da presa ha divertito milioni di uomini ed è diventato celeberrimo. Ergo, come vedi, la sua fama è dovuta alla tecnologia senza la quale non l'avremmo conosciuto. 202