LONGFORM. Le "cordovane" di Occhiato in Oga Magoga

LONGFORM. Le "cordovane" di Occhiato in Oga Magoga

Le «cordovane» di Occhiato in Oga Magoga

Giuseppe Occhiato (Mileto 1934-Firenze 2010)  a differenza che in vita, sta interessando post mortem studiosi ed editori. Ne sono prova molteplici saggi, pubblicazioni miscellanee, monografie e disparati articoli a stampa sulla sua opera.

Sarebbe importante che a ciò si accompagnasse un successo presso i lettori; ma le dimensioni dei suoi romanzi, il grande travaglio lessicale e sintattico che li rende quasi unici nel panorama delle patrie lettere, cui fa da controcanto una cultura media del lettore sempre più scadente e scaduta, non inducono all’ottimismo sotto questo riguardo.

Qui di seguito si troveranno alcune annotazioni di dialettologia calabrese a proposito dell'uso in Oga magoga del lemma «cordovana».

La parola ricorre 22 volte in Oga Magoga (OM), lungo romanzo e capolavoro di Giuseppe Occhiato (Mileto 1934-Firenze 2010) finora pubblicato da tre case editrici (Cosenza, Progetto 2000, 2000; Roma, Gangemi, 2019; Milano, il Saggiatore 2022).

In nove di queste occorrenze (pp. 53, 54,128, 130, 691, 745, 811, 831, 859, 993, 998 due volte) la parola si presenta come un aggettivo sostantivato e viene trascritta con l'iniziale minuscola; in tutte le altre si presenta o come un come uno dei nomi propri, senz'altro il più significativo dal punto di vista linguistico, con cui viene indicata la Morte o come un suo aggettivo qualificativo .

Nessun dubbio per quanto riguarda l'etimologia: «cordovana» è aggettivo di genere femminile derivato da Cordova, città spagnola dell'Andalusia che nell'XI secolo era la città più popolosa d'Europa con un milione di abitanti nonché sede di una fiorente, ed in ascesa, attività di lavorazione delle pelli: «Cuoio di Cordova (cosiddetto cordovano) conciato con sommacco e con l'allume» (Giorgia Dato, La concia delle pelli-Archeologia e utilizzo nel mondo arabo-islamico, in «Mediterraneo antico» 6.2,.2021).

In tre occorrenze troviamo la medesima accezione del  verbo «conzare» («li conza in cordovana», 130, «altra mira non aveva  se non quella di … conzarlo in cordovana», 691, «o ci volesse proprio conzare in cordovana», 933) che rimanda proprio all'attività del conciare le pelli nella città spagnola; identica nel significato alla voce Curduvana del Dizionario etimologico del dialetto calabrese di Giovan Battista Marzano:«dallo sp. Cordovan, cuoio di pelli di capra, di castrone e simili animali, pelle, pelle dura. Nci acconzau la curduvana: l'acconciò per le feste, è conzato 'ncurduvana è a letto in cattivo stato».

La specificità semantica dell'espressione è legata alla metafora tra le diverse fasi della concia (scuoiamento delle bestie, salatura della pelle per disidratarla, esposizione al sole, spianatura e scarnatura,  trattazione con agenti ricavati dalle fibre vegetali o minerali, etc.) e il trattamento di bastonatura e/o maltrattamento in genere di chi viene «consato in cordovana»; conzare in cordovana qualcuno significa infiggerli l'equivalente della scuoiatura, della salatura della pelle, dell'esposizione  sole, della macerazione con fibre naturali o con elementi chimici, etc, etc.

Non a caso nei dialetti calabresi meridionali, come alternativa all'espressione «conzare in cordovana», viene usato il verbo «salare» («ti salàu», ti ha conciato per le feste e per i dì lavoranti) oppure, ancora, «ti desi 'u summaccu» che fa riferimento alla fase di macerazione delle pelli dentro un infuso di sommacco, Rhus coriaria, il cui tannino  le colora e consolida.

Damiano Bova (Dizionario etimologico del dialetto BIVONGESE, Reggio Calabria, Città del Sole 2017, sub voce curduana) spiega che il legame tra la concia e e il «conzare in cordovana» sta nella battitura, nella «scarica di legnate, batoste, busse, come sulle pelli della concia». 

Occhiato, nelle rimanenti occorrenze del romanzo, usa «cordovana» con la iniziale minuscola per indicare genericamente la prostituta, «buttana» o «puttana», in dialetto non solo calabrese: «Bastava che quello si rappresentasse, eccomi qua, fresco e ricreato, e donna Fara gli apriva la porta di casa, come una cordovana qualunque,… come una  tappinara qualsiasi», 128,  «E invece no, una lordona, una cordovana da bordello, solo questo era, 866»,. «Loffa e cordovana», 53, «Brutta cordovana», 54; lo stesso significato troviamo alle pagine 745 e 998 (due volte).

In tutti questi casi il senso della parola è inequivoco senza che ci sia bisogno di esplicitare la parola sostituta.

Nelle altre pagine del romanzo ricorre «Cordovana» con lo stesso significato di prostituta ma riferito alla Morte, come capitava di sentire nel pianto per i defunti, anche in quello rituale delle repitare («Morti buttana!»); qui  la iniziale maiuscola si giustifica per il riferimento al soggetto personificato che tira le fila della vita di tutti e, soprattutto, del protagonista Rizieri Mercadante: « … da Cordovana scellerata», 225, « … ma la rinnegata Cordovana sapeva … », 349, « … la gran Cordovana arpota», 713, « … la vecchia Cordovana poteva sempre cambiargli le carte in tavola …», 866, « … sigillata dalla vecchia Cordovana», 962, « … una Cordovana micidiosa e sanguinaria», 1183, « … ma che la vecchia Cordovana aveva deciso per lui», 1191.               

È dunque chiaro che il rebus da risolvere è il legame di significato che c'è in OM tra l'aggettivo «cordovana», anche sostantivato che diventa persino nome proprio, e la parola «prostituta» che costituisce il secondo e più diffuso significato che Giuseppe Occhiato le attribuisce; e ciò in considerazione del fatto che, per quanto si indaghi nella storia della città di Cordova, nulla si trova che giustifichi un legame antonomastico tra la città l'attività di prostituzione.      

La parola chiave per intendere la traslazione di significato in OM da Cordova alla «cordovana», intesa come prostituta nel dialetto della Calabria meridionale, è peḍḍi e il suo derivato peḍḍara; il primo ha significato di «atto prostituivo» e il secondo di «prostituta».

Di queste due parole, tipiche dei dialetti della Calabria reggina fino agli ultimi decenni del Novecento e ancora in uso limitato ad alcune aree, non se ne rileva traccia in quasi tutti i dizionari dialettali che abbiamo compulsato; fanno eccezione due dizionari dell'area grecanica che è quella più conservativa: «peddhe, … ècamen peddhe: ha fatto pelli, si diceva di donna dai facili costumi» (F. Condemi, La lingua della valle dell'Amendolea vocabolario fraseologico, Reggio Calabria, Edizioni Ellenofoni di Calabria, 2006, sub voce). «Peddhi, …Ècanne peddhi! // hai fatto pelli! Cioè, sei una prostituta …» (Violi Filippo, Vocabolario paradigmatico e fraseologico Grecanico-Italiano Italiano Grecanico, Bova, Apodiafàzzi 2007, ad vocem).

Rohlfs ( Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria, Ravenna, Longo 1977), forse per mal riposta pudicizia, è telegrafico persino in ordine a Pputtana (M3R5, f. puttana) mentre non riporta né peḍḍi né  peḍḍara nell'accezione di atto prostituivo e prostituta.

Lo scivolamento semantico da peddhi, atto prostituivo, a cordovana con lo stesso significato è facilmente spiegabile con il fatto che la pelle per antonomasia è stata per diversi secoli quella che si conciava a Cordova; e il Rohlfs ci accompagna segnalando(NDDC) sub curduana-curduvana, l'accezione pratica amorosa che, poi, meglio si precisa nel derivato «curduvanara (…) f. Cattiva donna che fa imbrogli (cfr. lecc. Fare na curduvana 'masturbare')».

Ciò giustifica l'accezione di «curduvana-imbroglio» e la conseguente «curduvanara-donna che fa imbrogli», che distorce la verità; nel lessico della Calabria meridionale la prima era interna alla seconda in quanto la «curduvanara-prostituta» era, perciò stesso, considerata imbrogliona e contorta nonché tessitrice di narrative ingannevoli volte ad occultare la sua professione sotto apparenze di normalità.

Quanto sopra rendeva altresì compatibile il significato dialettale calabro-romanzo della parola con quello rubricato nel dizionario Tommaseo-Bellini, preceduto dal simbolo † che indica i lemmi e le accezioni in disuso: «Essere fatto il cordovano vale Essere ingannato / Restar cordovano in una cosa vale Restarci ingannato».  

L'assonanza, la sovrapponibilità tra la radice di cord-ovano e quella della parola cord-a, potrebbe aver ingenerato una trasmigrazione di significato anche per questa via, atteso che la corda, con la sua flessibilità e con la sua disponibilità alla formazione e allo scioglimento dei grovigli e degli annodamenti, può ben richiamare gli inganni attribuiti all'azione delle cord-ovanare.     

Ma, per tornare ad Occhiato e ad OM, non c'è alcun dubbio sulla valenza sessuale dell'accezione dialettale di Curduana-curduvana da cui è stata tratta la forma italianizzata «Cordovana»

Di Rohlfs abbiamo già detto a proposito del significato di curduvana come «masturbazione» nel dialetto leccese. Citiamo ancora a titolo di esempi: 1. Damiano Bova (op. cit. sub curduana): «altrove, in Calabria curduana (curduvana) significa coito, accoppiamento sessuale, era diffusa il nome di curduvanàra come prostituta, donna cattiva e imbrogliona»; 2. Orlando Sculli (Dizionario del dialetto di Ferruzzano con etnotesti, Vignate, Gedi 2021, sub curduvani): «rapporti sessuali peccaminosi o adulterini.- es. cummari Mica quand'era giùvana fici curduvani!»

Dalla curduvana (coito, masturbazione, rapporto adulterino) deriva, in modo lineare, il lemma curduvanàra, colei che mette in pratica le curduvane: «curduvana. f. prostituta, cattiva donna che fa imbrogli, Cfr bagascia, … puttana, scentina, … strocca, tappinara …zocculara» (Giuseppe Antonio Martino, Dizionario dei dei dialetti della calabria meridonale, Vibo Valentia, Qualecultura 2010, ad vocem).

Rimangono da spiegare le ragioni che hanno indotto Occhiato a sostituire, nel suo romanzo e con riferimento alla morte, la parola cordovanara con C-cordovana, escludendo ovviamente, per la profondità del patrimonio lessicale dimostrata dallo scrittore, l'ipotesi di una sua sconoscenza della differenza.

Ciò potrebbe essere avvenuto o perché esiste nell'area di Mileto una accezione lessicale che giustifica l'impiego di cordovana come sinonimo di prostituta; Rohlfs segnala, attraverso l'indicazione C2 sub Curduana-curduvana del NDDC, riferita ad un libro di D. Scafoglio (Forme del sostantivo calabrese (raccolte dalla parlata di Bocchigliero, Rimini 1930), l'esistenza di una accezione in cui la parola curduvana è riferibile ad una «donna vecchia e brutta»; il significato potrebbe ben adattarsi all'immagine della morte che circola nel libro di Occhiato.

Ma l'autore potrebbe anche aver fatto ricorso al procedimento metonimico, sostituendo alla parola che indica l'agente (curduvanara) quella che indica l'azione (curduvana) che presenterebbe sulla prima il vantaggio della brevitas.

Ultima questione aperta è quella di come sia avvenuto che una parola specifica come «pelle-peddhi» abbia acquistato il significato di «atto prostituivo» o erotico; una ipotesi che non ha alcuna valenza scientifica potrebbe fare riferimento, anche qui, al procedimento metonimico: immaginando un tempo remoto in cui il giaciglio degli uomini, e quindi anche degli amanti irregolari o a pagamento, fosse costituito da pelli animali, si potrebbe ipotizzare che da esso luogo il significato sia transitato alle attività che vi si svolgevano.