GENTE di CALABRIA. CHIARAVALLOTI. Il governatore, il giocattolo, i pigmei (2004)

GENTE di CALABRIA. CHIARAVALLOTI. Il governatore, il giocattolo, i pigmei (2004)
chia1 È un bel salotto quello di casa Chiaravalloti. Un trionfo di gialli spezzato dai quadri appesi al muro che si alternano alle madonne intarsiate e agli argenti in rilievo. In fondo in una vetrinetta, accuratamente disordinati, centinaia di campanelli che conferiscono austerità all’insieme. Austerità, perché pensi che il Governatore arrivi, li scuota con energia e zittisca tutti. Invece lui, quasi a prevenire l’obiezione, avverte: «Sono di mia moglie. Guai a toccarglieli». Poi si offre con aria remissiva e disincantata: «Mi chieda quello che vuole, so già che dopo, quando sarà stampato, mi arrabbierò. Lei dice indipendente. Ma l’indipendenza dei giornali dura al massimo tre numeri».

Ma tanta disponibilità serve a tendere la trappola. Il presidente più che ingenuo come una “colomba” appare subito prudente come un “serpente”.

Chiaravalloti è contento del lavoro che dice di aver svolto. Sostiene che «nonostante in Calabria ci si muova tra mille ostacoli, vischiosità, sabbie mobili», nonostante la «Regione sia un po’ una giungla dove tutto accade senza una grande pianificazione» lui è riuscito a razionalizzare l’attività del governo. Avverte: «Parlo solo di un avvio. Dovrebbe far capolino una tendenza nuova a una maggiore razionalizzazione, una maggiore trasparenza della globale azione». Insomma, i risultati ci sono e, soprattutto, arriveranno. Certo è una vita dura quella del presidente. Non è vero che abbia poteri che gli consentano di fare quel che vuole. Intanto, bisogna dare conto ai partiti. Per carità!, è giusto e sacrosanto «perché l’insieme deve essere equilibrato, è necessario che sia così».

Cambiando posizione sul divano, riconosce: «Certo. I partiti hanno le loro logiche, le loro lobby, i loro interessi che appesantiscono la politica. La politica deve dare risposte, contributi ai sostenitori, a quelli che vengono dietro, immagino anche ai finanziatori - io certo non lo so - e questo un po’ appesantisce la trasparenza e la limpidezza dell’azione istituzionale». Pigliate le scelte sugli uomini: «Chi viene dalla società civile penserebbe di scegliere il migliore in base a connotazioni tecniche e morali, ma quando c’è il condizionamento dei partiti deve tenere conto anche di tutto il resto». Un quadro che non inficia quelli che per il Governatore sono passi avanti rispetto alla situazione reale in cui avrebbe trovato la Calabria. Ma il contesto così disegnato sembra prendere a calci il buonsenso: come mai, se le cose stanno così, dentro la Cdl non vedono l’ora di liberarsi di Chiaravalloti? Perchè nessuno dice chiaro e tondo che Chiaravalloti deve essere ricandidato? La prudenza prende il sopravvento con un’impennata: «Non ne ho la minima idea. Ogni tanto sento dire che mi candidano. Ogni tanto che no. Ma io lo considero un problema loro non mio».

Quando dice «loro» Chiaravalloti ricorda J.P. Sartre secondo cui gli «altri», «loro», sono il diverso e l’inferno. Aggiunge: «Vede le ambizioni, io credo, sono tante. Già la volta scorsa la mia candidatura credo abbia provocato crisi violentissime. Tanti soggetti che misurati sulla loro scala erano infinitamente migliori di me». Sulla «loro» scala, perché su quella dell’obiettività, riconosce, forse non tutti erano un granché. «Tanto che sono stati scartati. Però non l’hanno accettato. Ce ne sono moltissimi, alcuni li vedo in giro e non hanno ancora scontato la rabbia di quella mia prima candidatura. Pensano di essere ancora in lotta e in lizza. Vorrei che questi signori sappiano che in me non hanno alcun concorrente che si batte con le looro armi. Nel senso che io non nessuna intenzione di propormi. Non chieder  a nessuno: per piacere candidatemi. Non mi passa neanche per la testa».

Oddio, non è che Chiaravalloti abbia voglia di gettare la spugna. Precisa a scanso d’equivoci: «Non è che non ci tengo! Bella l’investitura». Poi aggiusta il tiro: «Direi che sono abbastanza soddisfatto. Il  giocattolo l’ho visto. Se mi venisse tolto non ne farei una tragedia. In ogni caso, come feci allora, non intendo propormi: fui officiato, mi fu richiesto. Mai a nessuno chiesi di essere candidato».

Chiaravalloti sembra infierire sulla crisi della politica di cui anche lui in qualche modo è espressione. Non lo dice espressamente, ma il ragionamento è netto: tra le nomenclature dei partiti quelli credibili sono sempre di meno, così c’è la corsa ad accaparrarsi gli altri. «Lo sa - infierisce - che in passato mi chiesero di fare il sindaco sia quelli di centro destra che quelli di centro sinistra?».

La prudenza ha di nuovo il sopravvento. Pietro Fuda, pezzo da 90 di Forza Italia, da Reggio lavora per soffiargli il posto? Chiaravalloti si arrabbia? «No. Penso anzi che sia positivo. Ovviamente nella misura in cui non faccia da ostacolo all’azione attuale». Se lo faccia o no resta in sospeso mentre spiega: «Ecco, questo lo considero volgare, contrastare l’azione attuale dall’interno dello stesso blocco che ha proposto il Governatore sarebbe una cosa talebana. Avrei disprezzo per chi lo facesse. Chi invece lavora per proporsi… molti hanno una sana ambizione».

Gli propongo un elenco: Fuda lo insidia da Reggio. Con Tassone siamo alle scintille. Interrompe e chiosa: «Lui ha rivolto qualche critica e io l’ho rintuzzata. Mi pare scorretto e ingeneroso che all’interno dello stesso schieramento si facciano critiche, magari sulla stampa. Penso invece che se ha cose da dire venga a dirmele».

L’elenco continua: Nucara spara contro. Ride sornione - santa ingenuità dei cronisti - e svela: «L’altro giorno mi ha fatto una cordialissima telefonata per dirmi: dicono che mi voglio candidare Presidente: non vorrei che si adombrasse perché non ho questa intenzione. Gli ho risposto che lo avrei capito benissimo e che non voglio certo conculcare le sue ambizioni». Ed io imperterrito: l'An (Alleanza nazionale, ndr) più forte della Calabria, quella di Reggio, ce l’ha con lei. Il senatore Meduri, sponsor elettorale del suo assessore Pirilli, ha giurato che se la ricandidano invece che al seggio va al mare. E lui, secco: «Per la stima che io ho della sua azione politica mi pare che abbia fatto bene a dire così». E dopo la battuta, argomenta: «Io non credo che siano contro di me. Potrebbero rimuovermi in un attimo. Non l’hanno mai tentato. Penso siano legittimi egoismi che si scatenano dall’interno».

Ma la cautela sparisce d’incanto quando Chiaravalloti, sconsolato ed afflitto, si lamenta di aver trovato l’insieme della classe politica calabrese, naturalmente centro sinistra compreso, «più scadente globalmente di quanto immaginassi. Pensavo vi fossero più uomini motivati idealmente, moralmente… Ne ho trovati un po’ meno di quelli. C’è - si sfoga - la politica dei piccoli interessi più che la politica dei grandi disegni con cui mi sarebbe piaciuto fare un tratto di strada assieme».

Pochi amano vivere coi contemporanei. Chiaravalloti, se proprio è costretto, sembra preferire i posteri. Per giunta, quelli del centro sinistra lo attaccano senza soste. «Mi calunniano», dice lui. Garantisce, tanto per fare un esempio, che di consulenze oggi ce ne sono meno di un tempo. Non lo sa proprio da dove Corte dei Conti e opposizione ricavino i dati: «Forse - li giustifica paterno - scambiano per consulenze incarichi che non lo sono. Ne ho date pochissime, e solo a persone qualificate». Sbotta: «Pensi, avevo diritto a otto consulenti e ne ho nominati solo tre». Ma se il Governatore giura di essere in tanta disinteressata attesa per la ricandidatura non c’è modo di schiodargli una possibile soluzione di ricambio. Forse, butta lì, perché le soluzioni «non credo che siano molte, perlomeno nell’establishment. Anche se candidati, specie dal punto di vista delle ambizioni, ce ne sono». Nomi? «Non spetta a me. E poi farei torto ad un milione e 999mila calabresi se ne facessi uno solo», aggiunge ironico. Certo, gli piacerebbe Saverio Zavettieri che «è tosto e duro. Ma purtroppo non credo che abbia molte chance». Tassone? E lui, con candida perfidia: «Lo conosco molto meno di Zavettieri. Vive nell’olimpo del governo…». Caligiuri? Il silenzio avvolge il salotto e si stempera in un sorriso: "Il segretario regionale del partito di maggioranza, forse non pu  fare troppe cose». Nomi solo per candidati di centro sinistra e il salotto si riempie di polvere di stelle: «Rosario Olivo, Lombardi Satriani». Dei nuovi, nessuno. «Li trovo troppo grintosi». Gira e gira per quanto s’impegni non riesce a trovare nessuno.

Poi civetta: «La mia ambizione è fare il nonno». Oppure: «Se mi offrono un posto al Csm c’è il rischio che accetti». La Corte Costituzionale? «Ma che dice? Mi creda, ho il senso della misura. Comunque è un incarico di gran prestigio». Una costruzione per far sapere che Chiaravalloti non ha alternative? Si infuria: «Io non costruisco niente.  E' lei che costruisce. Non c’è nessuno che possa vantarsi di aver visto una mia sola mossa. Mi son già espresso nella vita su altri piani. Sono più credibile di chi arriva alla politica senza storia». Lo avverto che nessuno crederà che non ha un’idea sul suo futuro e gli chiedo se almeno si infastidisce per tutte le manovre tese a scalzarlo. «Un po’ mi divertono. Loro non capiscono me mentre io capisco loro. Un gioco bellissimo che intellettualmente mi appaga. Quando vedo i piigmei che si muovono sulla scacchiera per conquistare una posizione…». Si ferma. «Posso mutuare dei versi di Montale dedicati alla moglie?». Certo, Presidente: «Ti ho vista smarrita nel bla-bla dell’alta società, credevano di prenderti in giro e non sapevano, sciocchi, di essere loro il tuo zimbello, trafitti dal tuo inaffidabile radar di pipistrello». Se sostituite la moglie con Chiaravalloti, il quadro è definito.

Mentre nel salotto continua ad aleggiare qualcosa di più del sospetto che dietro tanta nonchalance ci sia una strategia d’attacco per far crescere gli aspiranti e aspettare che si facciano male da soli. Una malizia che sembra affiorare anche dal sorriso con cui ci congeda. (giugno 2004)

*Il disegno della foto è di Marcello Furriolo

**Questa inervista è apparsa sul primo numero di CalabriaNews una rivista calabrese ideata da Marcello Furriolo, Paolo Pollichieni, Aldo Varano, Filippo Veltri. La direzione venne affidata, dopo una lunga discussione, a Pollichieni che non riuscì a evitarla. La rivista, quasi ad anticipare la crisi attuale del giornalismo, era soprattutto costruita su analisi, approfondimenti, retroscena. In ogni numero appariva una grande intervista, il nome veniva scelto nelle riunioni di redazione, firmata da Aldo Varano. La prima scelta cadde su Chiaravalloti perché Presidente della regione Calabria. CalabriaNews diede uno spaccato irrispettoso e significativo delle classi dirigenti della nostra regione e la sua lettura, ancora oggi, aiuta a capire le radici dei problemi calabresi la cui caratteristica è quella che anzichè attenuarsi si aggravano.