Attraverso l’uso di materiali di cantiere -derivanti anche dalla sua formazione- cartone, assi, tavole usate, teloni, fili metallici e carta, Milani gioca e si diverte a formare il suo racconto, le sue frasi ricche di ironia e di piacere, che rintracciano l’uomo primitivo con l’incisione di grafemi e morfismi, graffiando il colore, stilizzando figure umane, preferendo riservare la precisione formale ai simboli di cui l’opera è piena: il cerchio, il quadrato e il triangolo. E nel suo viaggio attraversa il mondo classico dal quale attinge a piene mani, non soltanto negli espliciti omaggi e riferimenti al mondo greco e romano, ma anche a quel periodo d’oro che è il Rinascimento italiano con Caravaggio, Raffaello, Michelangelo, fino ad arrivare alla presenza di codici a barre, i numeri in font da calcolatrice, residui di cartine topografiche. Un andare e venire in un tempo circolare, percepito nella sua bellezza e criticato nella sua fragile contemporaneità. L’opera diventa frase compiuta davanti allo spettatore, si racconta senza sotterfugi con intelligenza e sagacia iniziando un dialogo che prosegue e attraversa ogni suo quadro con gli stessi cromatismi in un gioco di rimandi tra l’una e l’altra opera con i rossi e i bianchi e i bruni che si inseguono. Le tele accostate confondono i segni una nell’altra e la manipolazione delle sculture racconta del resto.
In effetti le sculture di Milani, meritano un discorso a parte perché non sono le sue, meglio, utilizza opere già realizzate e le combina con altri elementi. E qui l’artista oltre alla sua grande ironia, si presenta provocatore, trasformando elementi quali busti, riproduzioni della classicità, stravolgendone la natura di soggetto ammirato. Toglie dal piedistallo ogni antichità per porla in un quotidiano di necessità e banalità distorcendo quella che a prima vista era esclusiva espressione classica del bello.
La mostra Lux Magna di Mauro Milani è curata da Giancarlo Bonomo e da Elisabetta Marcianò che sta risvegliando la nostra sonnacchiosa città, troppe volte ripiegata su se stessa, portando sulla scena reggina artisti di rilevanza internazionale (finalmente).
Le suggestioni della mostra che potranno essere scoperte dal pubblico fino al 19 di agosto al terzo piano del Castello Aragonese raggiungibile con una panoramica salita esterna oppure con l’ascensore.
Un invito al confronto con le opere di questo artista, nella loro ironia e nel felice intreccio tra cromatismi, tracce di storia, esperienze, ricordi, impressioni in un momento di critica intelligente di un presente da ripensare.