di GIUSEPPE GANGEMI* - I popoli anglosassoni utilizzano, nella loro lingua, tre diversi concetti che hanno derivato dal termine polis: politics, policy e polity.
Politics è quella che noi chiamiamo “la politica” con l’articolo determinativo e senza aggettivi. Riguarda tutto ciò che appartiene alla dimensione orizzontale della politica (il continuum Destra-Sinistra, comprese le elezioni, le beghe tra partiti e dentro i partiti). Policy è una determinata politica quella per la quale usiamo l’articolo indeterminativo (una) o aggiungiamo un aggettivo. Riguarda tutto ciò che appartiene alla dimensione verticale della politica (il rapporto tra chi governa e chi è governato). Per esempio, la politica sanitaria che descrive tutto ciò che riguarda il bene pubblico salute e che può essere interpretato dal punto di vista di chi governa (vedi il Piano Sanitario Nazionale) o dal punto di vista di chi è governato (pazienti, parenti di questi, comitati misti dottori-parenti, etc.). Polity è l’organizzazione spontanea che si dà, autonomamente la società (per intenderci polity è la struttura sociale che supporta un partito: i militanti dei partiti che operano come volontari nella società sono lo strumento per tenere i partiti legati alla polity).
Sono le policies (una o più policy) che determinano la politics se, naturalmente, riescono a diventare rilevanti nel dibattito preelettorale. Le policies diventano determinanti quando intorno ad esse la comunità si attiva in forma di polity (impostandone la visione sull’interpretazione di chi è governato).
Chiariti i termini, la domanda: possiamo avanzare una previsione elettorale sui soli dati della politics, per esempio basandoci sui risultati delle elezioni precedenti? Si! Certamente! A patto, però, che si ponga la clausola ceteris paribus su policies e polity (a patto che le interpretazioni delle policies e l’attivazione della polity rimangano come alle elezioni precedenti). Ma se la clausola ceteris paribus non si può porre perché le condizioni sono cambiate (e tra il 2010 e il 2014 le cose sono molto cambiate), allora è necessario domandarsi se può nascere una nuova polity o la vecchia polity si riuscirà a strutturare in modo nuovo, intorno a un leader credibile.
Lo strumento per strutturare una nuova polity, in questi anni, sembra essere diventato la nascita di un movimento cosiddetto populista, cioè un movimento di protesta che si articola su uno slogan che grosso modo è sempre questo: peggio di loro (la vecchia polity) non possiamo fare; tanto vale tentare con noi. Questi movimenti populisti vincono con policies di protesta e di totale rifiuto della vecchia polity che non necessariamente si ripercuotono con altrettanto successo nelle elezioni comunali.
Occorre per fare la differenza a Reggio Calabria una policy cittadina credibile. Che Scopelliti non può più fornire, che il M5S non è, ancora, in condizioni di fornire e che il Csx, per insipienza (prevalgono in esso forze che puntano a tenere il controllo dei partiti, anche a costo di non vincere le elezioni) non saprà fornire.
Scrive Aldo Varano (Zoomsud 11 gennaio 2014): “Paradossalmente, al netto di sorprese che l’analisi politica [leggi: politics] non considera, saranno le elezioni comunali di Reggio a decidere il futuro di leader regionale e nazionale di Scopelliti. Se vincerà a Reggio bene, in modo risicato, o verrà battuto, Scopelliti avrà un futuro o un altro”. Fino a qualche settimana fa, avrei accettato questa analisi, interamente basata sulla politics, perché mi aveva dato una falsa impressione un dibattito a Palmi al quale ero stato invitato come relatore nel Luglio del 2013: presenti molti elettori di età medio-alta e condizione piccolo-medio borghese, pochi erano i giovani (tutti militanti); il pubblico se ne è stato tranquillo ad ascoltare con molta civiltà i relatori, applaudendoli persino.
Non condivido più questa analisi da quando ho ascoltato, come parte del pubblico, un dibattito a Polia (in provincia di Vibo Valentia), nel corso delle recenti vacanze di Natale: presenti molti giovani, si sono agitati e scalmanati fino ad interrompere più volte i relatori, mostrando indifferenza agli argomenti di prestigiosi intellettuali calabresi. Alcuni di questi giovani venivano da Reggio, ma erano in sintonia con i giovani del posto e questo mi fa pensare che sia una situazione comune a tutta la Calabria.
Con questi giovani, tutto è possibile: che non vadano a votare a comunali e regionali; che non votino alle comunali e votino M5S alle regionali (le elezioni regionali sono più condizionate dalle policies di protesta); che vadano a votare a comunali e regionali per il M5S, etc.
Conclusione: con la situazione in cui si trova la Calabria, qualsiasi candidato di Scopelliti non può non perdere (e male) alle prossime comunali; ma siccome il Csx mi sembra insipiente e il M5S non mi appare pronto per le comunali (mancando di policies adeguate), è possibile che il suo candidato vinca (per insipienza degli avversari). In questo caso, sia che Scopelliti si candidi alle Regionali, sia che glielo impedisca la magistratura, la possibilità di una vittoria del M5S è molto forte e la Calabria potrebbe esprimere un primato: la prima Regione italiana con Governatore un “grillino”.
Ceteris paribus nella società, cioè continuando questa crisi a non dare lavoro ai giovani, i tempi sono assolutamente maturi.
*Ordinario di scienza della politica - UniPadova