L’ANALISI. Calabria-Pd: Eppur si muove

L’ANALISI. Calabria-Pd: Eppur si muove
eppur Sarebbe sbagliato non vedere che il Pd calabrese ha avviato una difficile opera di riflessione dopo l’ultima batosta elettorale che e’ costata tra gli altri Cosenza e Crotone. Forse la riunione del 9 luglio non e’ stato il massimo, anzi. Troppo paludata e a volte incomprensibile, ma le due riunioni di sabato e lunedì scorsi a Lamezia Terme e a Cosenza mostrano che almeno una linea inizia a delinearsi, nella babele di lingue che si rincorrono e con le più astruse e strampalate proposte che puntano a ipotetici modelli americani di organizzazione partitica.

  Nelle due riunioni – che hanno inaugurato la campagna d’ascolto lanciata dal segretario regionale Ernesto Magorno – un dato infatti si e staccato dagli altri e indica una strada, stretta finche’ si vuole ma unica, per cambiare davvero: basta col partito delle correnti e al partito dei territori. Dismettere cioè le vecchie e consunte magliette dei renziani e degli antirenziani, visto che dal congresso e’ trascorso un tempo abissale.

  Mettiamoci alle spalle – e’ questo il succo ascoltato dai vari Puccio, Guglielmelli, Magorno stesso – i vecchi congressi ed i nuovi gruppi dirigenti siano espressione delle varie esperienze territoriali e non piu’ delle appartenenze a correnti che ormai hanno dato tutto quello che dovevano, ammesso che lo abbiano fatto.

  Questo e’ anche l’unico modo che può servire per dare risposte a quelle batoste elettorali - non solo in Calabria - che hanno aperto una grande questione: quale rapporto ha questo partito con le esigenze, i mutamenti, le ansie, i problemi dei territori? Come riesce a leggerli, a capirli, a interpretarli e a dare una risposta? Come si cala dentro le esigenze e diventa cioè un vero partito e non un’accozzaglia di padri e padroni, che reclamano solo posti e prebende? Nelle tre riunioni che ci lasciamo alle spalle il segretario Magorno non ha usato eufemismi contro i potentati e quei padrini, per sfuggire anche ad un sottile e non nascosto tentativo di logorarlo e cuocerlo a fuoco lento.

Alla direzione regionale del 9 luglio ha utilizzato una bella storia: ‘’un’antica leggenda – ha detto -  racconta che Giove mise sulle spalle degli uomini due bisacce. Ma, attenzione. Di queste due bisacce, una fu posta dietro le spalle per contenere le proprie colpe, mentre l'altra fu posta davanti al petto per contenere le colpe degli altri. In questo modo agli uomini non è dato di veder le proprie colpe ma solo quelle altrui e non appena gli altri sbagliano, ognuno diventa censore e accusatore, pronto a biasimare e a criticare con grande austerità’’.

Non contento di ciò il segretario del Pd ha aggiunto: ‘’un gruppo dirigente degno di tale nome, però, invece di ricorrere al triste e gretto espediente dello scaricabarile, rimpallando ad altri negligenze che sono proprie, va in profondità e coglie le criticità’’.

Questo deve essere fatto, senza fughe o rimpalli di responsabilità’: se il Pd si trova nello stato odierno e’ innegabile che ci siano problemi antichi di formazione ma anche problemi più nuovi di gruppi dirigenti che non hanno cioè alcun peso reale o rapporto con i territori. Gruppi dirigenti eterei, si potrebbero definire. Ed è evidente che così non si va da nessuna parte.

Il sì al partito ai territori e il no a quello delle correnti puo’, dunque, essere un buon inizio. L’assemblea regionale di fine mese in Sila si vedra’ se e’ in grado di raccogliere questa nuova sfida, a partire dalla formazione di un gruppo dirigente nuovo e collegato alle realtà calabresi. Il tutto ovviamente al netto delle tante inchieste giudiziarie che stanno terremotando il mondo politico regionale.