schiacciati dagli strilloni’’: così mi ha scritto un imprenditore
del ramo green a proposito di giornali, giornalisti e invasione
Google.
E’ del tutto evidente che il problema non nasce oggi ma
nemmeno ieri e nemmeno avantieri come minimo, se pensiamo
che nell’agosto del 2006, quindi quasi 20 anni fa, l’Economist
si chiedeva in copertina ‘’Chi ha ucciso i giornali?’’. Calavano
infatti già allora le copie, diminuiva la pubblicità e nel mondo
ricco i giornali iniziavano ad essere una sorta di specie in via
di estinzione, anche se a guardare i numeri di oggi (da far
paura) se la cavavano in realtà benissimo.
Nonostante tutto questo il settimanale britannico iniziava a
tessere le lodi dei blogger (era iniziata la loro era) come
salvatori addirittura della democrazia colpita dalla crisi dei
quotidiani. E in mezzo a questo marasma i giornalisti e gli
operatori in generale dell’informazione ci finivano dentro fino
al collo, travolti da ondate di discredito basate in realtà sul
nulla che sono via via cresciute nei decenni successivi.
Sei anni dopo quel 2006, sempre in Gran Bretagna un altro
grande giornale, il Guardian, cambiava registro e scriveva così
nel 2012: ‘’i giornali saranno pure in crisi ma il giornalismo non
è mai andato così bene’’.
Ovviamente Alan Rusbridger (che ha fatto il direttore del
Guardian) si riferiva all’esperienza del suo giornale che aveva
fatto una scommessa che molti in Italia non hanno oggi ancora
fatto definitivamente: puntare cioè al giornalismo di qualità
senza rinunciare ai contenuti on line gratuiti.
Arriviamo così ai giorni nostri e la questione sembra essere
diventata quella di come salvare i giornalisti minacciati dall’
intelligenza artificiale. E’ iniziata l’epica dei capelli strappati,
delle prediche sull’inesistenza del ruolo dell’operatore, dello
stravolgimento di fatti e cose, etc etc, con vagonate di libri e di
articoli che ne mettono in dubbio l’esistenza in un futuro più o
meno vicino. Ma è davvero così?
Lasciamo la parola ad uno che se ne intende, Mario
Tedeschini Lalli, considerato uno dei più acuti osservatori dei
mass media in Italia: ‘’Se giornalismo non è più solo quello
che propongono i giornali o ciò che producono i giornalisti e le
giornaliste, possiamo dire che giornalismo è informazione
selezionata e presentata secondo determinate regole, quelle
che in Italia chiamiamo deontologia e che nei paesi di lingua
inglese si chiamano molto più chiaramente ethics’’.
Se questo è dunque il quadro - tra il prepotere di Google,
l’intossicazione da social, l’intelligenza artificiale che avanza -
la domanda è d’obbligo: il giornalismo resta fondamentale? Lo
è se è dotato appunto di etica come dice Tedeschini Lalli. Se è
vero, infatti, che è assai difficile prevedere quale sarà il futuro
dell’informazione una ipotesi la si può azzardare: giornali
(qualunque sia la forma che assumeranno) e giornalisti
sopravviveranno adattandosi, come del resto hanno sempre
fatto, se manterranno alti i livelli etici e quando sempre più
crescerà la consapevolezza del ruolo fondamentale che
svolgono per il funzionamento dei sistemi democratici nei
Paesi in cui operano. Ovviamente anche in Italia.