L'OPINIONE: La lettera a Gesù del sindaco di Locri e l'urgenza dell'etica

L'OPINIONE: La lettera a Gesù del sindaco di Locri e l'urgenza dell'etica

giovannicalabrese

di MARIA FRANCO -

«Mi rivolgo a te non sapendo a chi altro rivolgermi. Sono costretto ad affermare che solo una minima parte dei dipendenti comunali lavora in modo serio e onesto, mentre tanti altri stanno a guardare in attesa che arrivi il fatidico “ventisette” per potersi vedere accreditato in banca l'importante, ma non sudato stipendio».

Giovanni Calabrese, sindaco di Locri, dopo aver esperito provvedimenti ad hoc e denunce ai Carabinieri, alla Guardia di finanza, alla Procura della Repubblica, ha scritto una lettera aperta a Gesù. Perché, andati a vuoto tutti gli sforzi terrestri – a detta del sindaco dei 125 dipendenti comunali quelli che effettivamente lavorano, gli altri passano più tempo in (fasulle) malattie e permessi vari che nelle loro occupazioni – non resta che sperare in un qualche intervento soprannaturale.

Nella sua lettera, il sindaco non lesina esempi sull’urgenza di un miracolo. Uno tra i tanti: «Mi si diceva che l'elettricista comunale, che ancora oggi continua a lavorare con modalità di libero professionista all'interno della pubblica amministrazione non poteva sostituire le lampadine perché non c'erano soldi per comprarle e dovevano provvedere i cittadini. Grazie a qualche buon amico sono riuscito ad avere 15mila lampadine gratuitamente, ma non mi sembra che niente sia cambiato. Le lampadine sono tutte stipate in un deposito, molte zone della città continuano a rimanere al buio e l'elettricista continua ad essere “uccel di bosco”».

Il punto, dice ancora Calabrese, è che «ci sono bravi dipendenti che meritano il mio rispetto, operai che farei diventare dirigenti per il loro impegno. Poi ci sono i più che invece non hanno alcun amore per la loro città, né per i cittadini che li pagano. Si parla tanto di rendere la pubblica amministrazione efficiente, ma qualcuno dovrebbe spiegarmi come fare visto che non abbiamo strumenti».

La lettera-provocazione di Giovanni Calabrese, pur avendo ottenuto spazio sui maggiori giornali nazionali, non ha, al momento, ricevuto l’attenzione che merita. Un po’ come certe lettere pastorali, dai contenuti alti, che vengono rapidamente derubricate a discorsi morali.

Perché, in fondo, è un tentativo di rivolgersi alla coscienza dei singoli, di provocare un cambio di mentalità, di spingere a una reazione civile: fare ciascuno del proprio meglio perché tutti abbiano giorni meno difficili.

Già. L’etica. Che sembra, talvolta, la parte più astratta della filosofia e della religione. Eppure non ci sarà nessuna riforma di sistema, nessuna svolta di destra, di sinistra, di centro, di sopra e di sotto, né alcun possibile futuro se ciascuno non si assume anche la responsabilità di rispettare la propria comunità svolgendo decentemente il proprio lavoro.