REGGIO. La scuola in piazza per gli stranieri

REGGIO. La scuola in piazza per gli stranieri

agostino

“Scuola in piazza” è un’esperienza giovane che ha scelto un luogo particolare della città, il grande spazio antistante la Chiesa di Sant’Agostino, per insegnare italiano agli stranieri. E’ un caldo pomeriggio di settembre, l’inizio delle lezioni è prossimo e la vivacità della piazza è ulteriormente movimentata dall’andirivieni di giovani che trasportano le sedie da sistemare in cerchio. L’ideatore di questa realtà associativa è Giorgio Furfaro, docente e ricercatore presso l’Università Dante Alighieri, insieme a Luca Pizzimenti e una decina di volontari entusiasti e motivati. Incontriamo Furfaro, insieme ad alcuni amici e docenti, per quella che diventa un’intervista a più voci.

Ci troviamo in un luogo che da sempre conosce un’attenzione particolare nei confronti degli immigrati, Giorgio Furfaro, ci può raccontare la vostra presenza in piazza sant’Agostino?
Conoscevamo dell’esistenza di un Centro d’ascolto per migranti all’interno dei locali della chiesa, che per problemi di Covid è rimasto chiuso per molto tempo. Abbiamo pensato di tener presente che questo è un luogo di incontro di culture. Abbiamo scelto questa piazza appunto per la caratteristica multietnica, per proporre alle persone di seguire le nostre lezioni.

E’ da poco che avete iniziato questa esperienza?
L’utilizzo del solo pubblico è stato autorizzato intorno al 10 agosto. Abbiamo deciso di iniziare subito, per approfittare della bella stagione, il 17 agosto alle 18 è stata inaugurata la scuola.

Quanti sono gli alunni che seguite, come funziona la scuola di italiano?
Il numero degli alunni sta crescendo. Circa 20 studenti inizialmente che sono più che raddoppiati. L’età varia, dai più giovani che sono intorno ai 4\5 anni, fino ai 61. La scelta della Scuola è di rivolgersi a tutte le età, senza distinzione. Sono 4 classi, che vanno dall’alfabetizzazione al grado intermedio. E’ un lavoro intergenerazionale, non è una scuola di italiano come tante, cerchiamo di lavorare tra le generazioni. Vediamo che gli studenti si aiutano tra loro soprattutto all’interno delle famiglie. C’è una disponibilità da parte dei più giovani, maggiormente avvantaggiati perché studiano già a scuola l’italiano. Al momento i docenti sono una decina, alcuni sono presenti tutti i giorni della settimana, mentre altri si alternano dando una disponibilità parziale.

Anche se molto bello e significativo, come farete a fare scuola in piazza quando arriveranno freddo e pioggia?
Stiamo cercando di organizzarci per questo scopo, al momento è stato facile, non è saltata una sola lezione, ma ci stiamo muovendo per ottenere spazi al chiuso, non vogliamo che questa esperienza si esaurisca per fattori metereologici.

Non sarà facile in questa città dalle tante problematiche, ma essere tanti a sostenere il progetto, è un fattore importante, chi altro se ne occupa?
Certo, sono affiancato oltre che dall’amico Luca Pizzimenti, che ha avuto un importante ruolo organizzativo per la realizzazione della scuola, anche da altre persone, come Ida Triglia, che ha contribuito sia sotto il profilo organizzativo, che per l’accordo con l’associazione Nati per leggere, che permette di poter lavorare con i bambini più piccoli.

Approfittiamo della presenza di Ida Triglia, presente insieme a Maria Pia Mazzitelli, per approfondire alcune domande. Ida Triglia, Nati per leggere di cosa si occupa?
 Nati per leggere è stata coinvolta perché condivide l’approccio intergenerazionale, che si basa sulla condivisione della lettura in famiglia per far sì che il legame all’interno della famiglia divenga più solido, così pure la scuola si basa su questo approccio, sullo scambio tra genitori e figli.

Gli alunni che seguite da quali paesi provengono?
Gli alunni di Scuola in piazza provengono da diversi paesi, ci sono molti siriani, di etnia curda, alcuni bengalesi, altri ancora dallo Sri Lanka. C’è qualcuno che non parla per niente l’italiano ed ha bisogno di essere totalmente alfabetizzato. A volte con l’inglese, altre a gesti, è così all’inizio. E’ molto bello…

Si coglie entusiasmo e progettualità, pensate di ampliare questo progetto?
In futuro, perché no, ampliare lo spazio d’azione, con l’attenzione alle donne, l’assistenza legale, persino un ambulatorio.

L’attenzione agli ultimi è inclusiva. Vicino piazza Castello, c’è un’altra importante realtà, il Centro per immigrati. Ritenete che conoscersi, cercare punti di contatto e eventuale collaborazione sia possibile?
 Assolutamente si. Conoscersi, condividere informazioni, creare collegamenti è sempre positivo.

 Scuola in piazza è un’esperienza coinvolgente, che nasce con il passa parola, Maria Pia Mazzitelli, lei come ne è venuta a conoscenza?
Giorgio Furfaro, mi ha inviato su Fb la notizia e l’ho condivisa immediatamente, perché ritengo che sia uno degli strumenti migliori per garantire un’integrazione ottimale nel territorio di queste persone che provengono in gran parte da zone di guerra, dove la violenza domina sovrana.

Una scuola di italiano a Reggio, dunque, è un segno di speranza?
La cultura combatte ogni forma di violenza. Essere operatori di speranza a Reggio, costruire un futuro condiviso e sostenerlo è importante. Aprirsi alle esperienze simili per integrarle, è un sogno di non facile realizzazione, ma è la strada maestra per creare sinergie e possibilità.