
Profondo conoscitore dell'animo umano e del discernimento ignaziano, accompagna centinaia di uomini e donne, nei tanti posti di missione, da Grottaglie a Napoli, da Roma a Locri, con un ascolto discreto e attento; sempre pronto a mettersi da parte per la libertà dell'altro, lontano da direzioni spirituali che possono oscurare le vere scelte e la responsabilità personale.
I colloqui con lui sono una discesa impegnativa e liberante, l'ascolto delle sue omelie, profonde e sintetiche, un segno indelebile e formativo per le coscienze.
Viene incaricato dal vescovo Mondello della direzione della Scuola Sociopolitica Mons Lanza. Inizia quella che può essere la primavera reggina. Uomo del dialogo e della franchezza, raccoglie attorno a sé, in quegli anni intensi e unici, molti politici sensibili al cambiamento e attenti alla giustizia e alla legalità. Quasi ogni sera un incontro, una manifestazione, "una presenza - domanda" attorno ai palazzi del potere. L'esperienza trova ostacoli e si interrompe dopo sei anni con la partenza di Sibilio, ma lascia un segno indelebile, un testimone che in questo momento doloroso può trasformarsi in interpellazione. Una crepa può essere buio e caduta. Da una crepa può scaturire la luce.
"Come andare verso Gerusalemme dietro di lui? ", si interroga Vincenzo in un suo scritto, "può essere che la nostra Gerusalemme sia Reggio". È un monito per sé e un lascito per chi sa che senza quell'incontro la vita avrebbe avuto ben altra direzione. "Non c'è più tempo di perdere tempo".
Grazie, Vincenzo, questo non è il tempo delle lacrime, come ci hai insegnato, ma di tenere il volto orientato. Questo è il tempo della memoria, della gratitudine e della restituzione.