S'è aperta una crepa nel Reggino: è scomparso padre Sibilio

S'è aperta una crepa nel Reggino: è scomparso padre Sibilio
padresibilio Una crepa si è aperta con la perdita di padre Vincenzo Sibilio s.j. , che nella nostra città, dall'89 al 95, è stato superiore dei gesuiti, assistente della Comunità di Vita Cristiana e molto altro ancora. Nasce a Napoli nel 1944, e pur amando molto il teatro, la poesia, animato da un grande impegno civile e politico, risponde alla chiamata più grande, che lo porta ad entrare nella Compagnia di Gesù, "uomo tra gli uomini, al servizio dell' uomo, come ricorda egli stesso in un suo scritto, assetato di Dio e alla Sua ricerca con il bisogno ardente, e non mio, di comunicarLo".

Profondo conoscitore dell'animo umano e del discernimento ignaziano, accompagna centinaia di uomini e donne, nei tanti posti di missione, da Grottaglie a Napoli, da Roma a Locri, con un ascolto discreto e attento; sempre pronto a mettersi da parte per la libertà dell'altro, lontano da direzioni spirituali che possono oscurare le vere scelte e la responsabilità personale.
I colloqui con lui sono una discesa impegnativa e liberante, l'ascolto delle sue omelie, profonde e sintetiche, un segno indelebile e formativo per le coscienze.

Viene incaricato dal vescovo Mondello della direzione della Scuola Sociopolitica Mons Lanza. Inizia quella che può essere la primavera reggina. Uomo del dialogo e della franchezza, raccoglie attorno a sé, in quegli anni intensi e unici, molti politici sensibili al cambiamento e attenti alla giustizia e alla legalità. Quasi ogni sera un incontro, una manifestazione, "una presenza - domanda" attorno ai palazzi del potere. L'esperienza trova ostacoli e si interrompe dopo sei anni con la partenza di Sibilio, ma lascia un segno indelebile, un testimone che in questo momento doloroso può trasformarsi in interpellazione. Una crepa può essere buio e caduta. Da una crepa può scaturire la luce. 

"Come andare verso Gerusalemme dietro di lui? ", si interroga Vincenzo in un suo scritto,  "può essere che la nostra Gerusalemme sia Reggio". È un monito per sé e un lascito per chi sa che senza quell'incontro la vita avrebbe avuto ben altra direzione. "Non c'è più tempo di perdere tempo".

Grazie, Vincenzo, questo non è il tempo delle lacrime, come ci hai insegnato, ma di tenere il volto orientato. Questo è il tempo della memoria, della gratitudine e della restituzione.