L’INTERVENTO. Ndrangheta, funerali e Stato di diritto

L’INTERVENTO. Ndrangheta, funerali e Stato di diritto
funerale    “Deorum manium iura sancta sunto” (Siano sacri i diritti delle divinità dei Mani) scrive Foscolo in epigrafe  al poema “I Sepolcri”! Secondo il Poeta i morti debbono essere onorati come divinità perché anche da ciò si distinguono gli uomini  dalle “umane belve”. Infatti nelle grandi civiltà   “..fasti eran le tombe, ed are a' figli…”. In questa ottica, Ugo Foscolo è stato determinato nell’opporsi allo Stato napoleonico che, per motivi di pubblica igiene, aveva stabilito la sepoltura dei cadaveri in fosse comuni. Siamo ai primi anni dell’Ottocento ma il Poeta già non riconosce allo Stato tale diritto!

Non conoscevo il signor Pietro Commisso morto ad 85 anni a Siderno (RC). Anzi no! L’ho incontrato una sola volta nel 1993 quando scrivevo per “Giustizia Giusta”, un giornale diretto dall’avvocato Mauro Mellini. In quella occasione non abbiamo parlato di ndrangheta ma solo della sua dura permanenza come emigrante in Canada.

Era un mafioso?

Non ho elementi per confermarlo né per escluderlo! I più lo hanno considerato componente di una griffata famiglia di ndrangheta di Siderno. Di certo non ha mai riportato alcuna sentenza definitiva di condanna. Quindi, secondo la Costituzione, era un libero cittadino della Repubblica Italiana, con tutti i diritti e tutti i doveri. Certamente per i rapporti di polizia era un uomo di ndrangheta ma una informativa di P.S., per quanto autorevole, non potrebbe e non dovrebbe inficiare le garanzie costituzionali.

Comunque la pensiate, Pietro Comisso  era una  “persona umana”, una parola che precede e rafforza il termine “cittadino” e, come tale, avrebbe dovuto essere trattato anche in occasione della sua morte. Ricordo  che in occasione di una assemblea dei sindaci a Siderno, per insediare il “comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza”, presente il questore, da sindaco di uno dei paesi della Locride ho esposto i miei dubbi sul diritto dello Stato di proibire un funerale anche quando non ci sono problemi di ordine pubblico o pericoli per l’incolumità dei cittadini. Subito dopo, mi è stato detto, che il questore di Reggio chiedeva ai presenti a quale “famiglia” di ndrangheta io fossi vicino.

Perché siamo arrivati a questo punto?

Secondo me, perché gli “intellettuali”, i “politici”, i cittadini impegnati, i giornalisti, le associazioni culturali, la stessa Chiesa hanno piegato la testa rinunciando a combattere battaglie di principio, di difendere i diritti naturali delle persona umana, oltre chele garanzie costituzionali. Siamo ritornati indietro di migliaia di anni dal momento che l’Antigone, “vissuta” qualche millennio addietro, ha sfidato il potere costituito, disobbedito alla “legge” ed ha affrontato la morte con dignità pur di dare una degna sepoltura al proprio fratello. Seppur Polinice (fratello di Antigone) fosse stato “colpevole” di un “delitto” contro lo Stato, il suo cadavere avrebbe avuto comunque il diritto ad una sepoltura dignitosa da parte dei suoi familiari. Lasciare Polinice insepolto sarebbe stato una viltà, uno sfregio all’umanità. Un cedimento alla tirannia del “potere” che tende a spogliare gli uomini dei propri diritti naturali.

La ndrangheta è potere allo stato selvaggio, primitivo, decisamente inumano.

Per quello che capisco lo Stato di diritto dovrebbe essere un potere democratico di segno decisamente opposto che esalta e garantisce le libertà dei cittadini. Aggiungendo ai diritti “naturali” quelli di cittadinanza. In questa ottica il divieto di celebrare i funerali di un uomo di 85 anni, ammalato da tempo, mi è sembrata una scelta crudele e, soprattutto, inutile.

Non gioverà alla lotta alla ndrangheta e non accrescerà l’autorevolezza dello Stato. Sarebbe stato molto più efficace una legge capace di limare i compensi dell’alta burocrazia statale e regionale a favore della gioventù di intere zone d’Italia, come la Locride, dove la percentuale dei giovani disoccupati raggiunge un livello indegno ed indecoroso per uno Stato civile. Molto più facile, ma di nessuna utilità, è “far la faccia feroce…” e lasciare le cose come stanno.

 Non mi spiego il silenzio della Chiesa sul divieto di celebrare una messa dinanzi ad una bara con i resti mortali di un Uomo. Arriverei anche a comprendere il veto al corteo funebre ma proibire la cerimonia in Chiesa mi appare come un evidente abuso di autorità, certamente non in linea con l’anno della Misericordia. Domenica scorsa, a Roccella, ho ascoltato le parole autorevoli di monsignor Giancarlo Bregantini, già vescovo di Locri, contro il “giustizialismo che mortifica ed umilia la nostra terra.”

Concludo. So bene che qualche sciocco obbietterà che io, sovente, mi trovi a difendere gli uomini della ndrangheta. Non c’è nulla di più ozioso, vile e scontato di questa sgangherata affermazione che nasce da un conformismo indecoroso.

La ndrangheta si rafforza demolendo lo Stato di diritto ed ignorando la Costituzione. 

Nel malaugurato caso i forcaioli di ogni risma, avessero vinta la partita avremmo uno Stato “forte” -come lo abbiamo avuto in un triste passato- ma solo con i deboli, alleato dei poteri criminali così come lo è stato in Calabria, incline alla violenza ed all’arbitrio. Scherzando col fuoco, in pochi giorni, può succedere l’imprevedibile: oggi Trump rilancia la “tortura” come metodo di indagine, pratica il razzismo, e domani potrebbe spingere il mondo sull’orlo dell’abisso.

Premetto che mi indigna ogni goccia di sangue che i mafiosi hanno sparso e spargono nella nostra terra, ma nello stesso tempo, mi genera angoscia l’immagine di una bara che, varca sola, scortata, non “confortata da pianto” ed in assoluta penombra la soglia di un cimitero. Certo so bene che per il defunto non cambia assolutamente nulla anzi, e se potesse, scandirebbe i versi del nostro grande Totò  “nui simmu seri…appartenimu a morte!”