L'INTERVENTO. Nel silenzio degli intellettuali l'eccezione di Africo

L'INTERVENTO. Nel silenzio degli intellettuali l'eccezione di Africo
manifesto Ci  sarà  pure  un  motivo  per  cui  questo  Paese  asfissiato dai  talk  show,  divorato  dall’incuria,  bastonato  dalle  burocrazie,  deviato  da  servizi  deviati,  ostaggio  di  inamovibili  gerontocrazie,  azzoppato  dalle  camorre  e  dall’evasione  fiscale,  un  Paese  dove  si  picchiano  gli  insegnanti  e  la  barbarie  galoppa  sul  web,  non  pensa  che  ai  gommoni.  Si chiedeva queste cose pochi giorni fa Paolo Rumiz, scrittore e viaggiatore, in questa strana estate italiana, non solo dal punto di vista meteorologico.

Siamo,infatti,  davanti  all’orchestrazione  del  più  colossale  depistaggio  della  storia  rispetto  ai  problemi  veri  dell’Italia  e  all’uso  dei  migranti  per  mascherare  l’incapacità  politica  di  governarne  il  flusso.  O  forse  peggio: la mancata volontà di farlo.  Un  consenso  che  si  fonda  sul  malcontento  (il  populismo  è  questo)  non  farà  mai  nulla  per eliminarne le cause.

 Ma quello che piu’ colpisce in questo marasma italiano sono due cose: l’incredibile sottovalutazione dello stato dell’arte da parte di quel che resta della sinistra, che dopo 5 mesi da quel tragico 4 marzo continua a far finta sostanzialmente di niente ed il silenzio assordante di chierici e intellettuali, tranne qualche sparuta eccezione (leggi Roberto Saviano). Se l’impasto del governo Salvini si sta saldando in un senso comune italiano la colpa è anche – vivaddio – degli intellettuali di questo paese, succubi alla predicazione della paura, in coda a quella sinistra che si è ritirata dal sociale per vivacchiare in un piccolo-medio partito radicale del terzo millennio. Ci sarebbe in verità uno spazio per richiamare responsabilità e civiltà ragionevolezza e quant’altro ma se questi temi non li anima la sinistra non è chiaro chi dovrebbe farli. E se gli intellettuali si sono ritirati in buon ordine, complice anche la bella stagione, forse.

 Un segnale di diversità si e’ avuto proprio da noi in Calabria nella scorsa settimana con la tre giorni di Africo, voluta dalla Regione, in un luogo simbolo non solo della nostra terra ma dell’Italia intera. Lì – in quella montagna così ancora preda di luoghi comuni fasulli duri a morire – scrittori e registi, giornalisti e storici hanno avuto modo dire la loro e di confrontarsi su temi spinosi e caldi legati proprio a come far rinascere e coltivare uno spirito civico nuovo, un senso di appartenenza, un orgoglio dell’essere calabresi legato ad una narrazione normale. E’ stato un fatto storico, per il luogo e le modalità di svolgimento.

 Andrà avanti il confronto, non si fermerà ad Africo (che del resto viene dopo il dibattito al Salone del Libro di Torino). Il 4 agosto a Girifalco (altro luogo simbolo) c’è un altro appuntamento. Tutto attorno c'è un fervore nuovo, segnali di non rassegnazione. La politica e le istituzioni fanno il loro e gli intellettuali ci provano e sono in campo. Per una volta la Calabria fa dunque scuola, il silenzio non regge e si parla e ci si confronta. Per una volta si dimostra come se la politica fa la sua parte e le Istituzioni sono in campo per creare quella rete che manca e che tutto puo’ tenere assieme, la Calabria può raccontarsi bene e può raccontare ancora meglio all’Italia intera quel che sta facendo.