LA STORIA. Francesca, impazzita per amore

LA STORIA. Francesca, impazzita per amore

futur

Lei adesso vive nel suo mondo di acqua e crucci, trascinando i suoi passi sorretti da scarpe sverniciate e lerce, il solito cappello pieno di ricordi, confusi e brutali come quella lama ben piantata nella sua mente. La saluti e lei sorride sorpresa, sembra felice di vederti, ma in realtà non sa chi sei.

Francesca l’ho cantata tanti anni fa, veniva in stazione ad attendere l’impossibile ritorno di un amore, un amore sporco come le sue scarpe attuali, l’uomo improbabile con cui si era fracassata la vita e i sogni, l’uomo per cui aveva lasciato tutto per essere poi piantata in asso, novella Arianna senza filo, smarrita da quel momento nel labirinto della mente e nella selva oscura dei sentimenti.

L’ho rivista, ha gli occhi rotondi come quelli del pio bove, occhi senza più lacrime e con il fondo ghiacciato della disperazione, una vita gettata via e il tentativo vano di tornare in groppa, ma la vita è un cavallo selvaggio, senza sella, senza staffe, senza briglie, e ogni volta cadere nella polvere, sempre più disperata. Non servono farmaci, non serve il paradiso artificiale, a nulla valgono i vini capziosi: Francesca paga il suo dazio all’amore ogni giorno, per sempre.

Le ho chiesto come stai e mi ha risposto bene, benissimo, poi ha farfugliato qualcosa sui misteri del cosmo, dello spionaggio industriale e della centralità della luna rispetto agli esseri umani. Senza luna non si vive le ho risposto e gli occhi rotondi hanno balenato luce ma solo per un istante, spenti subito dalle sinapsi spezzate da quella dannata lama conficcata come Excalibur in quella sua testa di pietra. Quella sua stessa testa che l’ha spinta nel sentiero letale dell’amore impossibile.

Francesca è la dimostrazione concreta del principio di indeterminazione applicato agli esseri umani. Esistiamo solo in funzione degli altri, come le particelle subatomiche esistono solo se relativizzate al resto. Una invisibilità del reale che diventa realtà solo se permeata da un incomprensibile legame, da una oscura (e spesso mortale) gravità globale, da quell’indissolubile bisogno dell’altro che i pornografi letterati denominano “amore”. Leva il tuo sguardo dall’elettrone osservato, e lui svanirà nel mistero.

Come la mente di Francesca, svanita per amore, lezione amara per chi sostiene che quel processo elettrochimico sia soltanto una questione di cellule, e che invece è il principio base su cui è saldamente piantato l’universo stesso.

Ciao Francesca, tu, i tuoi barattoli di birra disperata, il tuo mondo ingegnoso, fuga dallo sguardo di chi non ti ama più, e questi maledetti crolli di dighe che, ogni giorno, ci ricordano come non si possa fare a meno degli altri.

Grazie a te, a De Gregori, a Heisenberg, e a quel ribaldo Paride redivivo che non ha compreso la lezione della Luna, e che se ancora esiste è solo grazie a quella maledetta lama che ti spezza la mente.

Il dolore e l’amore, legami indissolubili della materia umana, centri di gravità instabili, e verità incontestabili. Le uniche a cui possiamo aggrapparci. Tutto il resto è follia, come quella di Francesca, impazzita per amore.