di AURELIA ARITO
Dal Mali alla Calabria, erede di un'importante dinastia di griot - figure centrali nella cultura dell’Africa subsahariana, cantastorie maliani che trasmettono la memoria collettiva della comunità -, Baba Sissoko, polistrumentista originale e talentuoso, porta avanti da anni, nel segno della contaminazione, una personale ricerca sulla musica tradizionale del suo paese d’origine. Porta con sé, nella sua “valigia di suoni”, i ritmi di mamma Africa - Bambara, Peul, Mandinghi e Sonrai -, le sonorità del blues, mescolate ai suoni del Mediterraneo, e del jazz, che lo hanno condotto sino in Calabria, a Cosenza, dove vive da tanti anni.
A lui il compito di concludere l'interessante esperienza del Play Music Festival, quest'anno dedicato al tema delle migrazioni e alla “valigia di suoni” - reale o metaforica – che ciascun individuo porta con sé, con un concerto carico di energia, e da tutto esaurito, alle Officine Miramare.
L'afro-calabrese Baba Sissoko ha regalato, con la sua innata carica solare, al pubblico reggino un'ora e mezza di energia pura, un viaggio nei suoni dell'Africa e dei suoi strumenti tradizionali che Baba, musicista curioso e sempre alla ricerca di nuovi suoni, costruisce con le sue mani. Tra un brano e l'altro passa in rassegna il tamani (tamburo parlante), di cui è maestro indiscusso e che ha imparato a suonare durante la sua infanzia grazie agli insegnamenti di suo nonno. Il musicista lo posiziona sotto l'ascella sinistra per generare una moltitudine di suoni, lo colpisce con una singola bacchetta ricurva o con le dita. C'è poi lo ngoni, chitarra tradizionale tipica dell'Africa Occidentale, da molti considerato l'antenato del banjo; e la kora, che Baba Sissoko ha costruito in Calabria con una zucca africana.
«Quello di stasera è un concerto familiare che voglio dedicare ai bambini», esordisce il polistrumentista osservando tra il pubblico reggino tanti bambini. «Quando ci sono loro – prosegue – la vita è bella». Amicizia, famiglia, natura e condanna ad ogni forma di guerra, sono alcuni dei temi al centro della narrazione del cantastorie maliano che questa mattina ha ampliato il suo racconto, in musica e parole, con un incontro sul ruolo dei griot, poeti e cantori, nel tramandare la tradizione orale di un popolo.
Quello di Baba Sissoko è un inno alla vita, ai valori della famiglia e dell'amore – che lui ha trovato in Calabria -, della bellezza e della musica «come segno della pace». Ospite speciale del concerto reggino il chitarrista Luigi Masciari, formatosi sotto la guida di artisti del calibro di Jimi Hall, Michel Camilo, Benny Golson e Kurt Rosenvinnkel. Un altro dialogo in musica è quello con rapper George Francis Ropino, in Italia da due anni ed inserito nel progetto Sprar, rivolto ai richiedenti asilo e rifugiati, “Approdi Mediterranei” di Villa San Giovanni.
Con un grazie alla natura - “Ebi Narion”-, che il pubblico del Play Music Festival intona assieme a Baba Sissoko, cala il sipario sulla rassegna, promossa dall'associazione Soledad con la direzione artistica di Alessio Laganà, che ha confermato la capacità di portare in riva alla Stretto artisti di qualità e costruire, attorno alla musica, una riflessione ampia sul tema del viaggio e delle migrazioni con un incrocio di linguaggi e prospettive che non può far altro che arricchire la “valigia di suoni” di ciascuno.