
Di innumerevoli missioni vetrina a sbafo di politici e funzionari regionali alla Bit o ad Expo 2015, rendicontate e lautamente rimborsate in seno alla Cittadella di Catanzaro. Invettiva similgrillina a parte, alla sua quarta opera il cantautore cosentino ha firmato il proprio capolavoro personale. Basta googlare 'Brunori recensioni', per capacitarsene. "È forse il lavoro più politico di Brunori Sas: politico perché corale, diretto, umano...". "Come uno sciamano sotto effetto di ayahuasca, Dario Brunori è riuscito a evocare atmosfere intime e personali che esorcizzano le paure ed esaltano le gioie caduche...".
Approcciarsi a un disco, dopo aver letto peana così roboanti incute soggezione. E' da premettere come non siano solo gli internauti della riserva 'indie', ma anche fior di riviste specializzate e quotate, a dispensare elogi sperticati a Dario. Il disco, artisticamente coprodotto da Taketo Gohara, che avvicina filologicamente Brunori a quel mito di Rino Gaetano, ha unito infatti nella laudatione critica e pubblico. Infarcito di riferimenti e citazioni a Franco Battiato, Lucio Dalla, Alan Sorrenti, Jeff Beck's - solo per fare qualche nome- questo lavoro schiude rivelazioni curiose dopo ripetuti ascolti. "A casa tutto bene nasce del resto dall'attrito fra la necessità di uscire di casa e la naturale tendenza al rifugio domestico", scrive nella sinossi l'artista, che 'vive stabilmente a San Fili, un piccolo paesino in provincia di Cosenza. Lontano dalle città, lontano dal giro degli artisti, lontano dall'ambiente".
Ed è proprio l'inquadratura periferica che si evince da Lamezia-Milano, brano sugli cliché meridionali degli eredi di Rocco e i suoi fratelli, come i copyright sull'applauso al pilota dopo l'atterraggio o il miraggio del lupo della Sila fra i piccioni del Duomo. Nel ritornello di 'La vita liquida'c'è 'una diapositiva di Roghudi, un paese fantasma nel cuore dell'Aspromonte, un luogo a cui devo molto nel concepimento di questo disco", aggiunge ancora il cantautore in fase di presentazione dell'album. Anche nei ringraziamenti a Peppe Voltarelli, a Radio Ciroma 105.7 e 'ara gente i Cusenza' - e non poteva essere altrimenti - ci sono tracce di Calabria ultra. Sono lontane insomma le estati di Guardia rovente e gli inverni passati a Guardia Piemontese tra pretacchioni e cannofili, eppure la dimensione di San Fili consente a Brunori di mantenere quello stesso sguardo impersonale e disincantato, metaprovinciale nell'ideazione e nello sviluppo delle canzoni. Un disco che trasuda calabresità da tutti i pori, a partire dallo studio di registrazione ricavato in una vecchia masseria di S.Marco Argentano. Non quella stereotipata appartenenza folk, fatta di peperoncino di Soverato, 'nduja di Spilinga e sbertucciato accento aspirato. La Calabria non più metafora pelosa di dannazione, ma angolo visuale per parlare dei non luoghi ambivalenti, dell'uscita dalla zona di comfort. Dario Brunori: uno dei pochi calabresi da esportazione.