LE RECENSIONI DI MARIA FRANCO. La terra del ritorno di Giusy Staropoli Calafati

LE RECENSIONI DI MARIA FRANCO. La terra del ritorno di Giusy Staropoli Calafati
calafati Romanzo a intensa carica passionale, come ben evidenziato nella bella prefazione di Gioacchino Criaco, La terra del ritorno di Giusy Staropoli Calafati, edito da Pellegrini, è un inno alla Calabria, terra dei padri e delle madri, terra del pane, cuore della famiglia e della società e al suo futuro, cui sono chiamati a collaborare quelli che sono rimasti e quelli che intendono tornare.

«A ogni ritorno, l’aria che respiravo si avvertiva saporita come il sambuco con il quale mia madre guarniva le pitte filate, che ogni domenica mattina alla buon’ora, infornava con le sue mani sperte, assieme al pane, assiso dentro al forno come alla destra del Padreterno.» L’odore della mentuccia, del rosmarino e del basilico, gli ulivi e i fichi melanzana, la tavola già imbandita, l’abbraccio forte della madre e il saluto più sobrio, ma benedicente del padre. Sembra così cominciare, per Turi Nassi, una delle tante estati di ritorno a Pietra Grande: un temporaneo ri-immergersi nella vita della famiglia e del paese, sapendo che la sua vita reale è ormai altrove, a Torino, dove, dopo gli studi, lavora come medico.

C’è, infatti, una novità che agita il paese e sconvolge il padre: per impiantare una centrale a carbone, una società del Nord fa pressioni, attraverso persone del luogo poco raccomandabili, per acquistare le terre, allontanando i contadini dalle loro proprietà. Compresa la Filanda, la terra cui Peppi Nassi ha dedicato la sua esistenza e che considera la sua prima donna, un gradino su la pur amatissima moglie.

E c’è un’altra novità che sorprende Turi: Tascia, la compagna di scuola, che ricordava goffa e introversa, è diventata una donna forte e bellissima, di cui rapidamente s’innamora.

D’accordo col padre nel non vendere la terra e sempre più preso da Tascia, Turi cerca di attivare un movimento di protesta popolare contro la costruzione della centrale, coinvolgendo gli amici d’infanzia e anche alcuni giornalisti de La Stampa.

Quando Turi comincia a orientarsi a restare a Pietra Grande, arriva, la nomina a professore universitario a Torino: gli si impone, quindi, la scelta, tra la partenza e la restanza.

Sulla sue scelte e su quelle di Tascia ha una straordinaria importanza l’incontro con Saverio Strati, venuto a passare, nella sua terra d’origine, gli ultimi giorni prima della morte.

«…io sono andato via da qui, quando ero giovane come voi. – dice Strati – Abbastanza giovane, incosciente e sognatore. Con sogni dentro la valigia e niente panni, e ora torno con panni e neanche un sogno. La distanza dalla mia casa, mi ha torturato giorno dopo giorno, e quando torno, non essere riconosciuto, significa morire. E può secondo te un uomo morire più volte? Certo che può. Io muoio ogni volta che torno. Guardami Tascia, io sono morto. Morto dentro. Ma pur sempre morto. È vero. Questo vecchio professore, questo misconosciuto Saverio Strati torna al principiare di stagione tutti gli anni. Torna per spiegare alla terra che non mi riconosce più, che non ho mai smesso di caricarmi la responsabilità del suo destino sopra il groppone. Sono partito povero e povero ci torno a chiedere perdono a mia madre, a mio padre e alla mia casa. Sta tutto scritto nei miei libri, quelli per i quali sono partito, gli stessi con i quali a questa terra mi sono riconsegnato.»

«Da ragazzo, – dice ancora Strati – mi sarei fatto crocifiggere nella terra, ma poi ho compreso che il mio dovere nei suoi confronti era raccontarla da lontano come se ci fossi dentro, lasciando ad altri, per iscritto, il vero volto del Sud. Quello reale. Le istruzioni per distruggere l’ignoranza conquistando la propria terra. Questo dovete fare, Tascia! Battetevi per la terra con l’intelligenza, la conoscenza, la cultura. Imparate a leggere e scrivere e insegnatelo agli altri. Mandate a scuola i vostri figli e pretendete che conoscano la propria terra. La studino in ogni parte in considerazione dei nuovi sviluppi che la avvaloreranno. Quanto al carbone, non lasciatevi trascinare in certe idee balorde. Lassù ci hanno sempre considerato peggio dei porci, morti di fame. Senza il Sud, ricordatevelo ragazzi, nessuna Italia è fatta.»

Il suo invito è: «Non fate i meridionali per essere presi in considerazione dal mondo, ma siate meridionali considerandovi del mondo». E ancora: «Non dite a nessuno, mai, che il sud non esiste, ma ricordate a chiunque che voi esistete al SUD.»

Dopo la morte di Strati, Tascia a Pietra Grande e Turi a Torino continuano a cercare nelle sue parole la strada più giusta. Poi Turi rientra a Pietra Grande e quando, stanco dei tanti dolori e fallimenti accumulati, vorrebbe tornare a Nord, Tascia si oppone. La conclusione cui entrambi arrivano è che bisogna cercare nella terra del Sud, un nuovo futuro: «Per dare al Sud un futuro migliore. Perché nessuno può costruire per il futuro degli altri nuovi binari da percorrere e aprire anche solo una strada diversa, che possa essere quella che non abbiamo scelto. È sul passato dei padri che sono costruiti i futuri dei figli. La terra è nostra, e noi apparteniamo alla terra. Sulla storia della terra sono forgiate le migliori generazioni. E non v’è cosa più bella. Terra più abbondante della nostra. La vera rivoluzione, per chi c’è ancora, è restare. Per chi è partito invece, tornare. Assaporare la più estrema forma di viaggio.»