LA CALABRIA e I PROVERBI. La giustizia, i forti, i fessi

LA CALABRIA e I PROVERBI. La giustizia, i forti, i fessi
proverbi  Cu voli si la faci la giustizia …

I proverbi sulla giustizia denunciano, quasi sempre, 

a) interferenze corruttive e familistiche: Cu sordi e cu micizia / nci jamu ‘nculu a la giustizia, con i soldi e le  amicizie andiamo in culo alla giustizia;  Statia chi pendi giustizia morta, bilancia pendente, giustizia finita;

b) contraddittorietà giurisprudenziale: la giustizia esti comu la peddhi d’i cugghiuni, aundi la tiranu va;

c) l’inversione del paradigma: lu latru boia e l’arrobatu mpisu, il ladro mette il cappio e il derubato finisce impiccato;

d) sfasatura tra pronunce giudiziali e tutela reale:  A ragiuni è d’i fissa, la ragione è dei fessi; lu forti vinci e lu fissa avi ragiuni, la ragione scritta nelle sentenze non scalfisce il forte (si vedano i tanti casi di lavoratori licenziati senza giusta causa, reintegrati dal giudice e mai riassunti perché i datori di lavoro preferiscono pagarli e lasciarli a casa anziché averli in fabbrica, dove potrebbero dare ‘il cattivo esempio’); Chini ha cchiù forza vinci lu casu, ove si la giustizia viene paragonata, attraverso l’ambivalenza semantica di casu-formaggio e casu-domanda giudiziale, a ‘un’antica gara calabrese in cui vinceva chi riusciva a far percorrere nel minor tempo un miglio a una forma di cacio facendola rotolare sulla strada’ ( F. Spezzano, Proverbi calabresi, Firenze 1998, 59);    

e) distorsioni indotte dalla rigidità normativa: si veda il brocardo latino riferito da Cicerone summum jus summa iniuria (giustizia fanatica, ingiustizia somma) e corretto in peggio da Terenzio: Jus summum saepe summa malitia (giustizia fanatica spesso equivale a un’ingiustizia programmata); da rammemorare a tutti quegli operatori, magistrati in primis, che, in buona o in mala fede, ritengono che l’incremento delle sanzioni basti da solo alla riduzione dei reati.

f) elogio della transazione: megghiu nu malu accordu ca nu bonu liticari.

Due proverbi sugli ausiliari della giustizia, gli ‘sbirri’:
Cu li sbirri mangia e mbivi ma cu iddhi non dormiri: ergo, si possono avere anche relazioni con le forze dell’ordine ma occorre molta vigilanza.
Cu pecurari, marinari e sbirri non fari amicizia chi la sgarri: l’origine del detto è nella cultura dei seminatori-agricoltori che disprezzava come ‘altro da sé’ i pastori che danneggiavano i raccolti, i marinai  che venivano da fuori (xenoi) e, più di recente, i poliziotti-carabinieri che, per la loro divisa (sbirro, da birro con la s-intensiva, dal latino birus, vestiti di rosso, per Migliorini, come il ruso-trastena, con le strisce rosse, dei grecanici).

Meritano infine menzione le maledizioni logudoresi che assimilano la giustizia ai disastri naturali: anku ti kalede sa zustiscia, che la giustizia ti colpisca dall’alto come un fulmine, zustiscia ki ti ruada, che ti rovini addosso la giustizia, zustiscia ki ti randinede, che ti grandini la giustizia.