Terra grecanica, la più disgraziata delle Calabrie, ma anche ricca di dee madri come pochi altri luoghi. Così definisce la Grecia calabrese Paolo Rumiz, forse il più grande viaggiatore contemporaneo. Una tappa per comprendere l’originalità di questo stupendo posto è sicuramente il Museo della lingua greco-calabra “Gerhard Rohlfs” inaugurato un anno fa a Bova, mille metri sullo Jonio e punto di riferimento dell’area grecofona.Bova si raggiunge attraversando le impervie vallate dell’Aspromonte. È uno dei borghi più belli d’Italia, rinato grazie a un mix di finanziamenti europei, coscienza civica, accoglienza diffusa e imprenditoria giovanile. Ogni anno, per la domenica delle Palme, si celebra un rito ancestrale, portando in processione enormi pupazzi femminili che alludono, con molta probabilità, al culto magnogreco di Demetra e Kore.
Oggi l’area grecanica, all’estremo sud d’Europa, ha riscoperto una grande ricchezza: la lingua greco-calabra, parlata ormai da poche centinaia di persone. La creazione, nel maggio 2016, del museo comunale “Gerhard Rohlfs” ha restituito alla memoria un luogo fisico. La struttura espositiva offre sei moderne sale allestite con pannelli didattici, video, utensili tradizionali, poster giganti che guidano il visitatore alla scoperta del lavoro del grande glottologo e della identità ellenofona. Un progetto nato da un’idea di Pasquale Faenza e finanziato dal Parco nazionale dell’Aspromonte.
Rohlfs, morto nel 1986, è stato il primo a sostenere l’origine magnogreca di questa parlata. Nella Prima guerra mondiale, interprete per l’esercito tedesco, ascolta alcuni prigionieri italiani di Roghudi, località vicino Bova, conversare in dialetto e rimane affascinato dalla musicalità della parlata che rimanda chiaramente all’antica Grecia. Giunge allora in Calabria pochi anni dopo, nel 1922-24, a piedi, finanziato da un ateneo svizzero, per studiare non solo le caratteristiche della lingua ma anche per conoscere da vicino i parlanti, in prevalenza contadini e pastori.
Rohlfs, autore nel 1977 del Nuovo dizionario dialettale della Calabria (Longo editore), tornerà spesso in questa enclave greca d’Italia, a Bova, Gallicianò, San Lorenzo, Palizzi, Staiti. «Gli ateniesi lo sanno che nel Mediterraneo la vera Grecia sta qui, sotto l'Aspromonte» scrive ancora Rumiz sulla terra grecanica. E Rohlfs, in seguito agli studi e alle ricerche effettuati, colloca senza dubbi l’origine di questa parlata ai tempi della Calabria magnogreca, «sfatando le tesi di quanti ritenevano il grecanico, figlio della seconda colonizzazione ellenofona, durante la dominazione bizantina del Sud Italia» dice Pasquale Faenza.
Eredi delle tesi di Rohlfs, due professori del liceo classico di Reggio, Domenico Minuto e Franco Mosino, al quale il museo dedica la prima sala. Trovano in classe studenti dei borghi grecanici, trasferiti con le proprie famiglie a Reggio Calabria dopo le alluvioni degli anni ’50, e si accorgono che i ragazzi conoscono il greco, secondo formule arcaiche, del tutto identiche a quelle utilizzate più di duemila anni prima da Omero. Inizia così un proficuo lavoro di recupero e valorizzazione non solo della lingua ma anche della cultura bizantina.
«Abbiamo voluto investire sulla figura che ha reso celebre nel mondo il patrimonio culturale dei Greci di Calabria e siamo stato premiati» spiega Faenza, curatore dell’allestimento museografico. «Molti, direi moltissimi, sono i visitatori del museo, soprattutto scolaresche e stranieri. I primi attratti dal sapore didattico della struttura museale, pensata proprio per rispondere anche alle esigenze dei più piccoli; i secondi perché amano approfondire tematiche così specifiche ed interessanti. L’affluenza è tale che proprio lo scorso mese abbiamo tenuto un corso per formare delle guide capaci di accompagnare i visitatori all’interno degli ambienti del museo, spiegando gli aspetti professionali ma anche il volto umano del più grande studioso che l’area grecanica ricordi. Sì, perché Rohlfs non è stato solo filologo, linguista e glottologo ma anche un sapiente etnologo e forse uno tra i più grandi meridionalisti di tutti i tempi».