
E’ un artista dotato soprattutto di notevoli competenze tecniche che lo porteranno, nel 1908, a dare un notevole contributo, insieme al fratello, allo sviluppo dei laboratori cinematografici della Vitagraph e della IMP (Independent Moving Picture Co.), diventandone il direttore artistico e curando la fotografia di molti corti di Mary Pikford, diretti da Thomas H. Ince. Purtroppo Eugene muore a soli 30 anni, lasciandogli in eredità l’American Society of Cinematographers per la formazione di giovani direttori della fotografia, che aveva fondato nel 1919.
Nel 1922 progetta il mirino della nuova cinepresa Mitchell e, qualche anno più tardi, passa alla Warner Bros, dove conosce il palermitano Sol Polito, anch’egli direttore della fotografia di film di successo: La carica dei seicento(’36), Doge city (’39), No no nanette(’40), Arsenico e vecchi merletti(’44), Rapsodia in blu (’45), Maschere e pugnali(’46), ricevendo le nominations per Il conte di Essex (‘39), Il sergente York (‘41) e Captains of the Clouds(’42).
I due contribuiranno notevolmente ad affermare lo stile Warner con una fotografia che si distingueva per essere spoglia e priva di quella patina "glamour" che caratterizzava molti film di allora, anche perché Jack Warner non approvava la spesa per sofisticazioni fotografiche varie od altri effetti, a meno che non li giudicasse indispensabili per il successo del film. In particolare Tony Gaudio era molto versatile ed abile nell’ affrontate qualsiasi tipo di film, dal grande budget al B-movie, consentendo alla sua Major di muoversi con grande facilità all’interno dei generi cinematografici e dei gusti del pubblico. Ed era molto esperto soprattutto nel “manipolare” la fotografia in laboratorio, ottenendo effetti originali e sofisticati. Per certi versi la sua fotografia è stata considerata anticipatrice dello stile “nero” americano che Nicholas Musuraca porterà ai massimi livelli; un genere di film che è stato preferibilmente “stilizzato” attraverso la corrente artistica dell’espressionismo tedesco, spesso sopravvalutandone l’influenza. In realtà, preso atto che la definizione di noir è stata creata a posteriori come categoria critica, Marc Vernet, citato da Leonardo Gandini in Il film noir americano (Lindau), sottolinea che, in realtà, <l’influenza è dovuta anche al cinema americano horror e gotico, e che i direttori della fotografia che ne sono responsabili hanno iniziato a lavorare a Hollywood già negli anni ’10 e ’20>, come Tony Gaudio, per esempio.
La sua bravura può essere sottolineata anche ricordando il forte sodalizio artistico che lo legò a Bette Davis, il cui “caratterino” umano e artistico non era facilmente gestibile. Indimenticabili gli splendidi effetti di luce sulla Davis in Ombre malesi. L’ultimo film a cui ha prestato la sua genialità di cinematographer è stato The Red Pony (1949) di Lewis Milestone, con Myrna Loy e Robert Mitchum; regista con il quale aveva già collaborato nel 1927 per il film Two Arabian Nights, con il quale Milestone ha vinto l’ Oscar nella prima edizione della manifestazione, il 16 maggio 1929. E’ morto a Burlingame nel 1951.