Sud, voto e silenzio. E intanto arriva la secessione dei ricchi

Sud, voto e silenzio. E intanto arriva la secessione dei ricchi

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Come accade quasi sempre all’indomani del voto molti fanno finta di cadere dall’albero assieme alle famigerate pere senza fermarsi un attimo per riflettere su quello che da tempo, troppo tempo, accade sotto i nostri occhi e che invece si fa finta di non vedere.

   Il voto del Sud alle Europee di domenica ne è un segno tangibile.

  Ci sono tre segmenti di discussione, collegati tra di loro, che meritano invece di essere approfonditi perché possono essere una traccia di analisi un po’ più seria su quel che accade nel Paese.

 Punto n.1: perché il Sud ed il voto dei meridionali doveva essere altra cosa rispetto a quello delle altre aree d’Italia per ciò che riguarda i consensi alla Lega di Salvini? Ovviamente non entro nel merito del voto, se sia stato cioè giusto o no, perché tutto ciò compete solo agli elettori, se ancora vogliamo dare valore alla democrazia rappresentativa ed elettiva. Se invece si vuole tornare al voto per censo (come pure traspare da qualche post ingenuotto circola in queste ore di delusione sui social da qualche intellettuale e politico chic) allora cambiamo non solo nazione ma financo epoca!

  Dunque: quella voglia di sicurezza, quella politica così sguainata come una spada sul pericolo migranti etc perché non doveva penetrare pure al sud? Perché quelle parole dettate, gridate, sbandierate da Salvini per mesi e mesi, in piazze e comizi, sui social e in tivù, su un pericolo sicurezza e sulle paure in genere non dovevano entrare nella testa degli elettori meridionali? È giusto e corretto tutto ciò visti i dati della realtà che ci dicono l’esatto opposto su un inesistente pericolo sicurezza nel nostro paese? Certo che no, ma quanti in questi mesi si sono davvero impegnati a confutare Salvini sul fatto che non c’è nessun pericolo di invasione di stranieri o sul fatto che la legittima difesa riguarda una ventina di casi, sì e no, in tutt’Italia e in un anno? Tranne il Papa altri pochi volenterosi. Dal Sud, poi, solo silenzi, ancora più gravi perché qui ci stava anche altro da dire.

Punto n.2: Ci stava e ancora ci sta (ma ovviamente dopo il voto di domenica con minori possibilità di vittoria) tutta la partita su cui Zoomsud sta facendo una martellante campagna per fare aprire gli occhi proprio ai meridionali. Parliamo della secessione dei ricchi. Ma come: quello, il Salvini, parla di sicurezza e migranti ma non è lo stesso che insieme ai suoi amici del Nord, a vari Zaia e compagnia, da mesi sta brigando per accentuare le divisioni tra Nord e Sud con quel progetto di secessione mascherata? Ma non è lui lo stesso che ora, dopo il voto di domenica, vuole subito portare all’incasso quell’idea? Dal Sud (ovviamente tranne eccezioni) mica si è levata forte, potente, poderosa, incessante una voce per fare di questo il centro della campagna elettorale? Non lo ha fatto 5 Stelle per ovvi motivi, ma non lo ha fatto nemmeno la sinistra largamente e divisivamente intesa. Non lo hanno fatto forze sociali e imprenditoriali. Non lo ha fatto nemmeno la società culturale nel suo complesso. Nessuno, insomma, ha fatto diventare questo tema il vero tema della campagna elettorale, l’unico che poteva suscitare qualche entusiasmo (per così dire) tra la gente, levargli di testa l’ossessione sicurezza e mostrargli invece il pericolo vero, che da qui a poco rischia di materializzarsi concretamente. Quello cioè non solo di una spaccatura del paese ma di un progetto che toglie ai poveri per dare ai ricchi. Anche qui solo silenzi, cupi e rumorosi.

Punto n.3: Silenzi che hanno coperto l’altra grande questione che si è aperta, ad esempio, sul voto leghista a Lampedusa e Riace. Caduti tutti dall’albero, stavolta con tanti bei cestini di pere! Tanti possono essere i motivi perché questi due luoghi simbolo ad un certo punto smettano di essere simboli ma uno solo ne vogliamo citare oggi: un conto è la narrazione ed un conto è la realtà. Quello che avviene in territori che finiscono nell’immaginario collettivo planetario – e a Lampedusa e ancor di più a Riace e al suo ex sindaco Mimmo Lucano questo è avvenuto – alla fine andrebbe misurato con quel che si vive nei territori, nei piccoli territori, dove si raccontano invece microstorie e non tanto eventi leggendari. È certo che quel che è stato fatto di largamente meritevole a Lampedusa e a Riace sia più conosciuto fuori dai confini di quelle due realtà. Poi ci sono però le dure repliche della storia, come le chiamava tanto tempo fa Norberto Bobbio, che ci fanno tutti tornare per terra e ci consegnano la vera difficoltà: i simboli vanno cioè alimentati e fatti vivere sempre. Sennò poi alla fine ce la pigliamo con gli elettori e il popolo bue! Così non va bene affatto.