L’ANALISI. Caso Reggio: da città dolente a città irrecuperabile?

L’ANALISI. Caso Reggio: da città dolente a città irrecuperabile?

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Probabilmente è una questione di dna. Il microcosmo calabrese e quello reggino in particolare saranno presto oggetto di approfondimento scientifico.
Provare ad analizzare quanto avviene in riva allo Stretto con strumenti logico-razionali, giuridici o politici sembra essere tempo perso. La nuova inchiesta della Procura reggina sui concorsi truccati all’Università Mediterranea è l’ennesima ombra che si allunga su una città allo stremo, che vede partire sempre più persone in cerca di un futuro altrove, sempre più povera di ricchezze e di vitalità.

Spetterà al processo chiarire ruoli e responsabilità, ma Reggio intanto rimbalza sui media nazionali per un nuovo scandalo che irrita perché sembra travolgere ogni più semplice criterio di competenza e meritocrazia e instilla il dubbio su quello che, invece, dovrebbe essere il cuore pulsante di una città, la fucina in cui formare talenti e intelligenze.
Ma Reggio è anche la città con il sindaco sospeso per effetto della legge Severino, dopo la nota vicenda legata all’affidamento del Miramare. Anche qui si aspettano gli esiti del grado di appello, ma nuovamente Piazza Italia è senza guida, perdendo proprio il sindaco che avrebbe dovuto segnare l’epoca del riscatto. La prima elezione di Giuseppe Falcomatà è arrivata dopo la gestione (fallimentare) dei commissari inviati dal governo dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose della precedente amministrazione. Reggio Calabria è l’unica città d’Europa e del Mediterraneo ad aver subito l’onta di uno scioglimento per mafia.
Una legge quella sullo scioglimento dei Comuni che continua a decapitare le amministrazioni meridionali, calabresi in particolare, ma poi non riesce a creare un futuro diverso. Il Comune di Lamezia, ad esempio, è stato sciolto per mafia tre volte nel giro di pochi anni.

Basta solo un rapido passaggio per ricordare le inchieste che hanno coinvolto la sanità, lo scandalo a ginecologia, oppure i tantissimi arresti che hanno funestato ogni legislatura regionale rendendo lo stesso Consiglio un’istituzione lontana anni luce da quello che dovrebbe essere e cioè il legislatore che tutela ed esalta i diritti dei cittadini.

E la storia va avanti così da sempre, né se ne intravede la fine. E dunque se le inchieste sono legittime, doverose e sacrosante comunque non raggiungono l’obiettivo di una definitiva bonifica. E c’è da dire che di errori se ne fanno parecchi anche in Procura. L’assoluzione dell’ex consigliere regionale Cosimo Cherubino, ad esempio, potrebbe essere considerata un esempio di scuola in tal senso.

E poi: com’è possibile che non ci sia comparto, ufficio, settore, attività che sia immune, o almeno lo sia diventato, dopo tutti questi anni di lotta alla criminalità?
O siamo davanti a un male inestirpabile e allora non ci sono Procure che tengano. Qua c’è da sciogliere tutto, da sospendere la democrazia o da riprendere gli studi lombrosiani per approfondimenti sulla nostra scatola cranica. Oppure le inchieste da sole non bastano. La punizione e la pena fini a se stesse, anche quando le inchieste si rivelano poi solide e ineccepibili, non bastano. Servirebbe una risposta diversa, un sommovimento culturale e di consapevolezza da parte dei cittadini che, invece, sembrano sempre di più delle ombre che si trascinano stancamente in una sorta di vita liofilizzata, ogni tanto squarciata dal sole o dall’odore della salsedine.

I professionisti dove sono? A chiedere favore ai politici. E i politici? A mantenere situazioni di bisogno per avere voti utili alla prossima tornata elettorale. Le associazioni? I partiti? Chi ne ha traccia faccia un fischio. E gli intellettuali? Il mondo della cultura? Che ci suggeriscono? Di prendere le valigie e scappare il più lontano possibile?

Mancano i luoghi deputati al dibattito e la scuola arranca come e più che in altri parti d’Italia. La pandemia ha dato il colpo di grazia ad una situazione già comatosa e siamo finiti ad aspettare una nuova estate per trovare sollievo nel levare via la mascherina che, però, scoprirà volti sempre più dubbiosi, sempre più incerti. Mostrerà ferite ancora aperte, ma non quella rabbia enorme e quella voglia di riscatto che non dovrebbero lasciarci tregua e ispirare ogni nostro gesto e decisione.