BERLUSCONI. E scoprimmo un'Italia e una Calabria che non conoscevamo

BERLUSCONI. E scoprimmo un'Italia e una Calabria che non conoscevamo
Non accadde per caso
di Massimo Veltri
 
La prima reazione fu di sgomento, nell’apprendere, trent’anni fa che aveva vinto lui contro la gioiosa macchina da guerra. Anche di incredulità, abituati com’eravamo a un sistema che sembrava più bloccato che stabile, e lo sdoganamento della destra di un anno prima ci era sembrata un’eresia piuttosto che un atto dalle conseguenze estreme con cui avremmo dovuto fare conti pesanti da lì in poi.
 
Eravamo fra quelli che la laurea honoris causa conferitagli da Unical non l’avevamo compresa né digerita, l’avevamo avversata: ingenuamente convinti che ci fosse, anche in Calabria, un nucleo consistente di valori intangibili e quindi la furbata opportunistica che ci avrebbe dovuto far guadagnare punti e soldi agli occhi e al portafogli dell’uomo in grande ascesa e dal futuro radioso era soltanto il frutto di vertici accademici fuori dal mondo e comunque simbolicamente da respingere. 
C’era un’Italia che non conoscevamo, una Calabria da scoprire.
 
D’altronde Occhetto non l’aveva capito che il tempo del comunismo era finito? Che la sinistra era cambiata, tangentopoli aveva fatto piazza pulita e gli italiani erano cresciuti? 
Noi credevamo. Eppure non fu un fulmine a ciel sereno: un rumore persistente di sottofondo, infatti, era come se ci suggerisse che le cose non stavano propriamente in quel modo. 
De Gregori e Giovanna Marini ci avevano accompagnato con il loro struggente ‘figlio con quali occhi ti devo vedere’ a mostrare messaggi di solidarietà e amore per i deboli, Pertini che baciava la bara di Berlinguer era l’icona imperitura di un’altra Italia, le adunate oceaniche di piazza San Giovanni garrenti stendardi rosso fiamma urlavano: noi ci siamo. Avevamo la storia dalla nostra parte, il futuro prima o poi ci avrebbe premiato.
 
Ma il futuro non è una biglia che rotola nella roulette e si ferma dove vogliamo: se il tavolo non è truccato segue regole che derivano dalla velocità che si imprime alla pallina, dal suo peso, dal fatto che il piano sia più o meno orizzontale. Perciò, mi ricordo, la seconda reazione, in pratica immediatamente dopo la prima, fu un’altra, che qui riassumo in poche battute ma che invece andò via via arricchendosi di valutazioni una complementare all’altra: ma non ci eravamo stufati pure noi di questo tran-tran autocelebrativo e compiaciuto secondo il quale eravamo i migliori, anzi gli unici, mentre come potevamo non accorgerci che tutto, intorno a noi, fra di noi, stava mutando? Non l’avevamo viste le trasmissioni televisive nelle quali un viso sorridente distribuiva promesse a fronte di uno che di scuro vestito evocava anni di piombo? 
 
Non sto ricostruendo nulla né aggiungo una virgola a quanto in un pomeriggio silano ci dicemmo, eravamo tre o quattro davanti l’ingresso di un bar, e so bene che dirlo, allora come oggi, valeva e vale ben poco se non a testimoniare che il passo della storia non è vero ch’e’ casuale, e di conseguenza l’affermazione di convincimenti e proposte non passa per l’asseverazione ideologica e illuministica ma deve conformarsi su una percezione attenta dei tempi e su una direzione da intraprendere.
 
Era vero ieri, è vero ogg