di ALDO VARANO - Qualche centinaio di studenti dei licei (Rosarno e dintorni) con prof e presidi. Un manipolo di sindaci con la fascia che sgomitano sul palco. Un po’ di pentastellati. Pezzi di Csx e della sinistra del senza se e senza ma. Qualche notabile e due gigantesche bandiere di Forza Italia un po’ afflosciate dalla pioggia. Mi avevano chiesto di andare a San Ferdinando alla manifestazione contro la armi chimiche. Ho risposto che (è soltanto la mia opinione) l’iniziativa mi sembrava contro la pace, contro la razionalità, contro la Calabria. Lo so: è come andare controsenso nella corsia unica dell’A3. Ma la penso così ed è giusto ne dia conto ai lettori di zoomsud.
CONTRO LA PACE. Intanto, l’idea che la mia regione, la bistrattata Calabria, sia protagonista di una grande operazione di disarmo e di pace e contribuisca a distruggere materiale bellico, mi riempie di orgoglio. Mi dispiace che molti miei amici, soprattutto di sinistra, accecati da bolle mediatiche e rancori politici locali si siano fatti spaventare facendosi spingere verso una deriva contraria alla tradizione delle grandi correnti mondiali del pacifismo e abbiano manifestato contro il cuore degli ideali storici della democrazia e della sinistra.
Questo giornale si è fin dall’inizio schierato su questa linea, sia pure con tutte le cautele necessarie per farsi comprendere, con due articoli firmati da Gioacchino Criaco e dal direttore. Abbiamo poi letto cose analoghe (certo, meglio argomentate) di Adriano Sofri e dell’Avvenire, il quotidiano dei vescovi della Chiesa di Francesco. C’è piaciuto il coraggio dei vescovi calabresi, di sindacalisti intelligenti e altri ancora.
CONTRO LA RAZIONALITÀ. C’erano tutti gli elementi, dopo le prime confusioni, per aderire all’iniziativa chiedendo garanzie e sicurezza. Invece, s’è alimentato il terrore dei cittadini lasciati senza notizie e bombardati da allarmismi interessati a lucrare un po’ di consenso dalla pancia della popolazione. Intellettuali, pacifisti, meridionalisti che guardano al Mediterraneo si sono dileguati o accodati. Impauriti. Eppure gestiva l’operazione l’Opac, organizzazione pacifista impegnata sul disamo e Nobel della pace, il gruppo che ha imposto ai governi di mezzo mondo un protocollo che vieta la dispersione di materiali tossici e di guerra a mare. Eppure, si è saputo da subito che non di armi si trattava ma di residuati tossici di armi disinnescate. Eppure, si è saputo subito che materiale della stessa pericolosità (6,1 del protocollo internazionale), passa “normalmente” dal Porto. Eppure, il nostro Porto è abilitato al materiale di fascia 7, pericolosità molto più alta come il materiale radioattivo per curare molte forme tumorali.
Qualcuno ci vuol fare una manifestazione contro?
Ma siccome l’obiettivo era predeterminato: assaltare il Governo e mettere nei pasticci Scopelliti, la razionalità s’è fatta strabenedire. Sono cominciate le furbizie tipo: se non c’è pericolo perché gli opuscoli sui rischi? Come se il terrore seminato da una comunicazione da far pietà e dalla irresponsabilità di notabili e politicanti (per non dire dello scontro avvelenato e strumentale tra Fi, scopertasi pacifista senza se e senza ma, e Ncd), non avesse reso gli opuscoli (terrorismo a parte) necessari. Del resto, ve lo immaginate che con un rischio sia pur vago, il ministro Lupi si fionda a presenziale alle operazioni dentro il porto? Si è detto: Sardegna e altri hanno detto no, la Calabria non è la pattumiera del Mediterraneo. Come se la paura irrazionale dei sardi e di altri giustificasse la nostra. Senza contare che la scelta è caduta su Gioia non perché c’è stato un reale scontro in Italia ma perché gli americani e i servizi segreti di mezzo mondo hanno comunicato ai rispettivi governi (che mettono nell’operazione mezzi e uomini quanto e più di noi) che mentre gli altri porti italiani (di guerra e no) sono quel che sono (cioè non è c***o loro garantire un lavoro di questo livello) Gioia Tauro ha professionalità e tecnologie tra le migliori del mondo e certamente le migliori del Mediterraneo.
Il sindaco di Gioia o San Ferdinando o la direzione del liceo di Rosarno propongono che Gioia diventi un porto per patate, fagiolina fresca, bionde e cocaina? Si è detto, ed è un argomento vero: ma se siamo così bravi perché non se ne ricorda mai nessuno? Bella domanda: va girata alla Regione e a Scopelliti, alle classi dirigenti calabresi, comprese quelle che hanno spinto alla manifestazione, alla politica di cdx, csx centro sopra e sotto, ai sindacati, ai governi.
CONTRO LA CALABRIA. Nessuno è interessato al disarmo e alla scomparsa di armamenti nell’area Mediterranea quanto Sicilia e Calabria. Per rifare di questa parte del mondo uno dei grandi centri dei commerci e degli scambi di merci e cultura, serve un Mediterraneo di pace. Senza pace e disarmo nel Mediterraneo la Calabria non avrà una storia diversa.
Con l’operazione del materiale siriano il Porto di Gioia avrebbe potuto imporsi in Italia come Porto-Paese o almeno come Porto-Mezzogiorno proteso nel Mediterraneo: centinaia di milioni di persone in uscita dall’arretratezza a cui servono tecnica, innovazione, scienza. Invece, la nuova organizzazione della portualità pare preveda un suo ridimensionamento. Avremmo potuto promuovere in Italia, Europa, nel mondo le nostre capacità. Invece c’hanno rifilato la patacca della Concordia e forse ci daranno qualche contentino secondario.
Vorremmo chiedere alla Regione e al presidente Scopelliti, ai sindaci della Piana, a tutta la politica calabrese di rinunciare al primato che ci hanno fatto conquistare: quello di essere l’unico grande porto al mondo che tutt’intorno invece dello sviluppo, degli opifici, delle fabbriche e dei commerci, ha solo disoccupati.