di DOMENICO LUPPINO* - C’è una bellissima canzone di Giorgio Gaber che racconta la giornata delle elezioni e termina con l’elettore che è tentato di rubare la matita che gli è stata data per segnare il voto. Anche nei luoghi ai confini della democrazia si tengono “libere” elezioni.
Cosi che pure nel comune di cui ero sindaco bisognava votare, era il 2004, per il rinnovo del Parlamento europeo. Nei giorni precedenti, gli uffici elettorali dei Comuni hanno da svolgere una frenetica attività. Nel caso di un piccolo centro come il mio, l’unico dipendente dell’Ufficio elettorale era dunque preso da mille incombenze.
Era una brava persona l’impiegato, con tanti anni di carriera alle spalle, capace nel lavoro e nel trattare con gente non facile; ne ero certo, ne aveva viste tante. Tra le altre cose di cui doveva occuparsi in quei giorni, c’era il sorteggio degli scrutatori. Essendo questa una faccenda che poteva interessare, come dire, l’ambito politico della gestione dell’Ente, il solerte impiegato venne a chiedermi se fossi interessato a presiedere al sorteggio degli scrutatori. In altre parole, mi stava chiedendo quale metodo e criterio volevo usare per sceglierli.
Non conoscevo la norma e non sono mai andato a studiarmela. Il buon senso mi diceva, però, che il metodo migliore era quello della massima trasparenza ed equità. Quindi, il sorteggio imparziale tra gli iscritti nella lista degli aspiranti scrutatori. Chiesi comunque lumi al mio impiegato, stante la sua lunga esperienza, il quale mi confermò che quello era il metodo migliore. Aggiunse pure, che al posto dei bigliettini numerati, un numero un nome, c’era un programma informatico, che mi pare mi disse gli era stato fornito dal Ministero degli Interni, che procedeva in automatico al sorteggio. Non ebbi nulla da obbiettare e, di mio, ci misi solo la ferma volontà di non essere presente al sorteggio per sottolineare l’imparzialità della amministrazione.
Pensavo che la storia fosse finita lì. Come sempre mi sbagliavo.
Dopo qualche giorno dal sorteggio, spuntarono nella mia stanza due consiglieri comunali di maggioranza. Esordirono: “Ma noi che funzione abbiamo all’interno di questo Municipio? Insomma, cosa contiamo qua dentro?”. Non mi stupivo per quelle uscite, le avevo sentite tante volte, tuttavia non capivo a cosa si riferissero e chiesi lumi. “Hai visto i nomi degli scrutatori che sono stati sorteggiati?” “No”, risposi. E quelli: “Tutte persone amiche del nostro impiegato e nessuno dei nostri.”
Non sapevo se ridere o piangere. Decisi di mostrarmi compenetrato. I due abboccarono ed iniziarono a raccontarmi il disagio economico che la mancata nomina di mogli, cugine, affini, ecc. avrebbe causato loro. Oltre che, evidentemente, il danno di immagine, se possibile ancor più grave. La gente avrebbe detto: “Stanno dentro al comune e manco sono capaci di farsi nominare un parente scrutatore”.
Guardavo il primo numero della Gazzetta Ufficiale della Repubblica, che recitava: “Costituzione della Repubblica Italiana”. Lo avevo trovato a far da zeppa al piede di un vecchio archivio e gli avevo dato la dignità che meritava facendolo incorniciare. Pensavo che forse avrei dovuto lasciarlo a far da zeppa al vecchio e polveroso mobile.
Per un po’, fino a quando la surreale discussione non mi sfiancò, diedi loro corda. Poi, senza lasciar loro il tempo di reagire, alzai la cornetta del telefono e convocai nella mia stanza il nostro impiegato, proprio nel mentre ed in sua assenza quelli lo stavano riempiendo di contumelie e di insulti. Quando quegli fu nella stanza, iniziò il teatro. Con tono da migliore degli inquisitori, gli dissi: “I due consiglieri qui presenti, con alto senso delle Istituzioni, mi stanno dicendo, in sostanza, che tu avresti manomesso il programma che serve a sorteggiare gli scrutatori e, dunque, hai scelto a tuo piacimento in nomi degli stessi “. Il poveretto, mi resse il gioco e si fece scuro e stupito in viso. Io, senza lasciargli il tempo di proferire parola, aggiunsi: “Ora, io mi alzerò da questa sedia, verrò nel tuo ufficio, prenderò il keys del tuo computer e lo farò controllare. Se dovessi scoprire che il programma di cui mi hai parlato può essere manomesso, sporgerò denuncia alla autorità giudiziaria nei tuoi confronti “.
Il silenzio durò solo qualche secondo. I due Consiglieri, che nel frattempo erano diventati in viso, di varie tonalità di colori, dissero che il sindaco aveva capito male, uno di loro farfugliò che era stato uno scherzo. Giusto per trascorre qualche ora della giornata in “allegria”, che poi fa rima con “democrazia”.
*già sindaco di Sinopoli