di ALDO VARANO - Ultima in ordine di tempo, la on. Rosy Bindi ha detto a Reggio che la legge sullo scioglimento dei Consigli non funziona. E secondo la puntuale ricostruzione di Stefano Perri su Strill, ha aggiunto: “Metteremo mano alla legge. E’ chiaro che adesso è inadeguata”'. Inadeguata è un eufemismo. Per la verità, controbilanciato da una dichiarazione netta: “La verità però è che la vita in città (Reggio, ndr) è sempre più difficile”. Innegabile.
Prima della presidente della Commissione antimafia era intervenuto anche il procuratore della Repubblica di Reggio, Cafiero De Raho, sottolineando che questa legge non riesce a risolvere i problemi che dovrebbe nel modo in cui dovrebbe ed ha riproposto un antico argomento, peraltro solidissimo e di buon senso: ripetuti scioglimenti di uno stesso comune segnalano che gli scioglimenti non sono serviti.
Concetti non dissimili erano stati affacciati dalla Cgil di Reggio e da altri sindacati. Identica la musica suonata dai maggiori esponenti del Terzo settore che hanno denunciato un drastico peggioramento dei servizi prima garantiti (pur tra mille difficoltà e insufficienze) ai più disagiati.
L’argomento era stato a lungo utilizzato dai più importanti esponenti del centro destra calabrese (ma solo dopo il colpo di Reggio e ignorando i precedenti lamenti di comuni minori) e da ambienti del centro sinistra (non tutto).
Il senatore De Sena, quando era ancora vice presidente dell’Antimafia, in una tavola rotonda nel salone reggino della Confindustria, presenti tra gli altri il procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza e il presidente Cuzzocrea, aveva rivelato (ricostruisco a memoria ma garantisco la precisione), che la Commissione antimafia (presidente Pisanu) aveva fatto monitorare tutti e 221 i casi (tanti erano allora) di scioglimento di enti e non in uno soltanto (ripeto: non in uno soltanto) il disinquinamento e/o decondizionamento era stato risolto. Accadde prima di sciogliere l’amministrazione Arena.
Accenno appena ad altri due punti. Le ridicole accuse contro De Sena di aver brigato per lo scioglimento del Consiglio, inventate e alimentate da quanti avevano interesse a inquinare il reale svolgimento dei fatti per nascondere i danni provocati con comportamenti che avevano portato allo scioglimento del Consiglio. E il gelo che circondò questo giornale quando avvertì da subito e in netta minoranza, che le leggi vanno rispettate (sempre, comunque, da tutti) ma che la legge sullo scioglimento non era in grado di mantenere quel che prometteva e quindi avrebbe provocato guasti (e siccome in questa città nessuno crede che si possa scrivere quel che si pensa o si capisce, magari sbagliando, ma che si scriva solo per l’interesse di qualcuno – meglio se il proprio - molti si chiesero a chi tirassimo la volata).
Ora sarebbe però un grave errore far l’elenco di chi ha voluto che cosa. Si tratta di uscire dalla trappola. Invece, si sta affermando una pericolosa variante: stabilire se il disastro Reggino è stato provocato dalla legge che scioglie i Consigli o dalle incapacità (o peggio) dei Commissari prefettizi. Paese curioso il nostro: i fili si ingarbugliano e nessuno vuol fare la fatica di rifare la matassa.
Eppure basterebbe far leva sul punto acquisito: la legge è strutturalmente incapace di risolvere i problemi anche perché la legge (al netto dei casi di incapacità aggiuntiva di eventuali commissari, o peggio) pialla in modo preventivo e strutturale la capacità di qualunque Commissario, quali che siano le sue capacità e la sua correttezza. Non si può intervenire in modo tecnico, asettico e automatico sui percorsi sempre complessi e contraddittori in cui vive e opera una comunità, grande o piccola che sia. E’ questa l’origine del disastro. Tutto il resto è alibi.
Un disastro di cui si prende atto solo ora perché solo ora s’è sciolto il Comune di una grande città ed è impossibile nascondere i grandi (e forse a lungo irreparabili) danni. E’ depistante che la politica cerchi responsabilità altre sottraendosi alle proprie. La legge è cattiva e la politica deve cambiarla. La politica deve trovare il modo per non darla vinta ai mafiosi, anzi per meglio spezzargli le unghie e le gambe e, insieme, per non far pagare costi inutili e dolorosi alle comunità.
Quanto tempo serve per un’emergenza così drammatica di fronte a una legge così ampiamente giudicata sbagliata? Certo, l’accordo sull’inadeguatezza non significa accordo sulle soluzioni. Ci si dividerà tra chi vuole soltanto inasprire l’attuale legge e chi pensa a strategie alternative per uscire da questa insopportabile criticità. Ma la paura di possibili divisioni non può diventare il sostegno di una legge che non dà risposte giuste alle comunità.
P.S. Gli argomenti qui usati sui Commissari, sostanzialmente a loro favore, non possono nascondere che esiste in Italia un giro di prefetti, ex prefetti, vice prefetti e dirigenti dello Stato interessati a mantenere così com’è un meccanismo che retribuisce i Commissari con adeguati emolumenti aggiuntivi allo stipendio o alla pensione, specie ora che s’annuncia un dimezzamento delle prefetture e, è sperabile, dei prefetti.