di MASSIMO ACQUARO - La Calabria esce a brandelli da questi quattro anni infernali. L'addio di Scopelliti allo scranno più alto della vita politica ed istituzionale della regione è il sigillo apposto su 48 mesi terribili iniziati con le manette a un consigliere regionale e conclusi da traumatiche dimissioni. Rotola la testa più importante ed ancora non si distingue con chiarezza la mano del boia, mentre in parecchi vorrebbero mettersi alla cintola lo scalpo dell'ex padrone della Calabria.
La caduta di Scopelliti, vista lontano dalla Calabria, ha ben poco di misterioso o di indecifrabile. Ai più, ai giornali nazionali, alla classe politica che siede in parlamento, al governo appare l'epilogo scontato di una terra che produce solo problemi e ndrangheta in eguale misura. Credo che sia difficile per chi vive in Calabria, ed in particolare a Reggio, avvertire la sensazione di fastidio, l'insofferenza con cui da Roma in su si guarda alla regione ed ai suoi problemi.
Tra fiction televisive, reportage giornalistici, interviste, libri, servizi dei telegiornali il quadro è desolante e, suo malgrado, persino la visita di papa Francesco il prossimo mese di giugno a Cassano per pregare sulla morte del piccolo Cocò rischia di compromettere ulteriormente la percezione del caso Calabria in Italia. La chiesa calabrese sarà chiamata ad un grande sforzo pastorale per far comprendere agli italiani che il pontefice non guarda alla regione come ad una frontiera in guerra o ad una favela brasiliana, ma ad un pezzo d'Italia civile e generoso che deve essere aiutato a liberarsi da un cancro mortale.
Intanto ad accogliere papa Bergoglio non ci sarà il presidente della regione che ha, piuttosto ingloriosamente, concluso la sua carriera politica. Io, caro Direttore, contrariamente a lei (se ben capisco) penso che, se anche fosse eletto al parlamento europeo, Scopelliti avrebbe comunque messo fine alla sua guerra lampo che in circa venti anni lo aveva portato a scalare le montagne della politica calabrese. Un intero gruppo dirigente è destinato a sciogliersi come neve al sole, come sempre accade quando finisce una leadership carismatica.
Quell'assenza a Cassano il 21 giugno sarà vista da molti con un sospiro di sollievo, in tanti avrebbero considerato imbarazzante vedere il pontefice ricevuto da Scopelliti condannato a sei anni di reclusione. E forse è vero. Ma è anche vero che quel giorno, con quell'assenza in un luogo in cui è stato versato sangue innocentissimo, la Calabria rimarcherà ancora di più la propria marginalità e la propria fragilità. Una regione acefala per colpa della legge Severino e dei tribunali sarà la sintesi del fallimento non (solo) di una classe dirigente, ma di una intera popolazione. Forse arriverà presto il tempo in cui si smetterà di dare (solo) la croce a Scopelliti ed ai suoi e si volgerà lo sguardo a chi e perché in Calabria vota chi e per cosa. Solo allora, forse, si inizierà a capire cos’è successo e che futuro ci attende.