EXPORT. In Italia tutti su. Ma la Calabria va giù

EXPORT. In Italia tutti su. Ma la Calabria va giù

Il crollo     di DAVIDE VARÌ -

I dati sull'export del 2014 diffusi dall'Istat sono una mazzata per la nostra regione. Mentre il resto d'Italia ha ripreso a correre, le esportazioni calabresi vanno in picchiata. Solo Sardegna e Sicilia fanno peggio, ma le ragioni di quel crollo sono legate alla crisi internazionale del petrolio e, quindi, all'industria della raffineria su cui l'economia delle due isole conta da anni. Le ragioni del crollo calabrese, invece, sono tutte interne.

A vedere i dati nel dettaglio non c'è comparto che si salvi. Dal manifatturiero (-10%) ai prodotti alimentari (-2,7%); dal tessile (-20%) ai prodotti da carta (-25%). E poi i prodotti in metallo (-54%), gli apparecchi elettronici (-15%), quelli elettrici (-11%), mezzi di trasporto (-24,7%) e autoveicoli (-27%). Totale export perso in un anno (dal gennaio 2014 al dicembre 2014): -8,1%. Il tutto in un quadro nazionale di lieve ripresa.

E sì perché mentre la Calabria affonda le altre regioni d'Italia iniziano a vedere la luce in fondo al tunnel. E non parliamo delle solite note, non solo del famoso del nord-est produttivo. Oltre a Emilia-Romagna (4,3%), Lombardia (1,4%), Veneto (2,7%), Piemonte (3,3%) e Marche (7,5%) cresce anche la vicina Basilicata (9,9%) e il Molise (9,7%).

Questi, dunque, i numeri: impietosi, drammatici. Ma quali sono le ragioni di un quadro economico così fosco? Gli imprenditori danno la colpa a una politica che non riesce a promuovere il "brand" Calabria e la politica, da parte sua, parla di un'imprenditoria assistita e piagnona.

Pippo Callipo, il re del tonno, uno dei pochi che riesce a portare i suoi prodotti fuori dalla Calabria, divide le responsabilità: «Da un lato abbiamo una politica assolutamente assente ma dall'altro un'imprenditoria che pensa di andare avanti con piccoli favori, piccoli privilegi». E l'assenza della politica è sotto gli occhi di tutti: «Ancora non sono riusciti a nominare un commissario alla sanità, che pure è un settore così importante, vitale per i nostri concittadini, figuriamoci se la politica si occupa di imprese», dichiara uno sconsolato Callipo. «Noi dobbiamo capire che la realtà imprenditoriale della Calabria è per la gran parte composta da piccole aziende che hanno un fatturato di 400-500mila euro e dunque non hanno la possibilità di investire e di esporsi per esportare. La mia azienda ci riesce solo perché è sul mercato da decenni, ma una giovane impresa non ha alcuna possibilità». Ed è proprio qui che dovrebbe intervenire la politica: «I nostri rappresentati sono andati all'estero quasi fosse una gita, un viaggio di piacere, e infatti non hanno portato a casa nessun risultato concreto, nessuna intesa che potesse favorire l'export delle nostre aziende».

E poi c'è il grande problema dell'accesso al credito: «Certo - conferma Pippo Callipo - le banche concedono i prestiti col contagocce, non si fidano di aziende con fatturati così limitati, soprattutto in un momento di crisi come questo. Dovrebbe intervenire Confidi per rassicurare le banche, per dar loro garanzie, ma anche questo non avviene».

Ma Callipo ha qualcosa da dire anche ai colleghi imprenditori: «Siamo abituati a subire e, come mi ricorda sempre una mia cara amica d'Oltralpe, i calabresi non sono francesi, non sono "rivoluzionari", sono, piuttosto, dei san Sebastiano votati al "martirio". Insomma - aggiunge Callipo - la colpa è soprattutto di noi imprenditori che invece di reagire speriamo nel favore. E in tutto questo la politica ha gioco facile ad amministrarci. Quando i diritti diventano richieste d'elemosina, la politica ci sguazza. Voglio dirne una: tra qualche giorno inizia l'Expo e in Calabria nessuno sa niente. Abbiamo chiamato il dipartimento della Attività produttive e ci hanno detto che non ne sapevano nulla, poi abbiamo provato col Turismo e le nostre associazioni di categoria ma anche lì, niente. Ma se un imprenditore calabrese volesse sfruttare quella vetrina internazionale a chi diamine deve rivolgersi?».

E ancora: «Ci manca la mentalità dei servizi alle imprese, è questo il grande problema, perché non tirare su una struttura in grado di favorire i contatti con l'estero? Possibile che non si è capito che i sevizi sono più preziosi dei fondi dati a pioggia e in modo insensato?». Insomma, dal quadro di Callipo si capisce bene l'origine di quel -8% del nostro export. Eppure, Callipo non cede: «Io rimango in Calabria. Nonostante tutto...».