L’INTERVENTO. Elezioni e Pd, una crisi annunciata

L’INTERVENTO. Elezioni e Pd, una crisi annunciata

Otto Dix 1918   di FILIPPO VELTRI

- Quattro mesi fa scrivemmo un articolo che preannunciava il disastro di oggi del Pd , certificato alle elezioni di maggio-giugno. Intitolammo quell’articolo ‘’PD, CERCASI DISPERATAMENTE PARTITO’’. Non eravamo dei maghi o dei preveggenti particolarmente dotati. Eppure qualcuno nelle alte sfere dei democratici se ne ebbe a male e ci accuso’ di essere troppo cattivi e troppo poco indulgenti verso una classe dirigente nuova, che nasceva nel fuoco di un’aspra battaglia interna ed esterna.

Ora, gli elettori, i non elettori ma soprattutto i numeri ci indicano che, in verita’, eravamo stati non troppo cattivi ma troppo buoni. Sbagliavamo non per eccesso ma per difetto. La crisi del Pd e’ nazionale non solo locale, i tratti del deficit calabrese in alcuni casi sono eguali a quelli di altre parti d’Italia e in altri differiscono, ma non e’ il caso di gioirne. Anzi: la malattia si allarga e il medico fa fatica a mettervi un riparo. Quel partito che quattro mesi fa invocavamo a farsi continua infatti a non esistere, continua – ad esempio - ad avere tre segretari provinciali su 5 che avrebbero dovuto già dimettersi da tempo perché’ occupano anche importanti cariche elettive e sono quindi incompatibili. Continua ad avere una situazione degli iscritti perlomeno incerta e in alcune zone si segnalano pure casi di accaparramento di tessere degne di altri tempi e di altre situazioni. Continua a non avere alcun radicamento ed e’ in mano a ras, cacicchi di periferia, piccoli zar autonominatisi padroni che fanno e disfanno, si lottano e si combattono senza alcuna linea politica, che imperversano nei circoli e nelle varie periferie senza che alcuno li freni o li combatta.

Si e’ assistito – dopo quell’articolo di febbraio – ad un disgustoso succedersi di guerre interne nelle fasi preelettorali dentro lo stesso partito, con la conseguenza in molti casi di liste ufficiali contrapposte a liste non ufficiali ma con dirigenti del Pd candidati egualmente. Un caos, un guazzabuglio degno di una gestione anarchica, in cui quei ras hanno puntato solo a mettere bandierine su un eventuale Sindaco eletto, per rafforzare le tessere o mantenere un grado di controllo sul territorio, senza badare al quadro piu’ generale e piu’ importante. Cosi’ che sono esplosi vari casi locali gia’ al primo turno con le incredibili sconfitte a Vibo e Soverato, frutto appunto di quelle divisioni sul niente, e quelle lacerazioni si sono poi ripetute domenica scorsa, con il tonfo che ha dell’inaudito di Lamezia Terme.

Nella terza citta’ della Calabria il centrosinistra negli ultimi 20 anni aveva governato praticamente sempre, tranne una breve parentesi. Negli ultimi 9 anni il Pd era stato in maggioranza con un sindaco di Sel ma due mesi prima delle elezioni erano in 10 a proporsi per le primarie. Alla fine il partito e’ stato commissariato ma la frittata gia’ cotta e mangiata e la sconfitta gia’ bella e confezionata, frutto di divisioni, parcellizzazioni, risse personali, contrapposizioni senza alcun senso politico.

Il tutto avveniva senza alcun contrasto dei livelli superiori del partito, che magari si interessavano piu’ delle elezioni nel piccolo comune dove si poteva piantare quella famigerata bandierina che in quelle nei comuni che contavano davvero. Una vergogna senza fine e senza costrutto, che rischia di portare un senso di inutilita’ al principale partito di Governo, a Roma come a Catanzaro. Perché’ tante incertezze e difficoltà, nonostante si governi sia a Roma che a Catanzaro? Perché’ non si riesce a creare una squadra ed una linea politica che sostenga concretamente e fattivamente la difficile e complicata opera di governo di Oliverio? Perche’ sotto traccia appaiono e scompaiono per poi ricomparire, quasi in un gioco di ombre cinesi, ostacoli e macigni, veleni e polemiche, divisioni e malignita’? Perche’ c’e’ perennemente bisogno dell’ ombrello romano?

Non bastano le comparsate o i selfie con i vari Lotti e Guerini per dare credibilita’ ad un partito ma serve l’organizzazione della partecipazione, che si disegni indirizzi, che si coaguli il dibattito, che si alimentino idee, progetti e non si induca alla rassegnazione, al pessimismo o, peggio, al qualunquismo e al populismo, se non alla divisione permanente. Soprattutto che non si guardi troppo dentro di se’ per alimentare spinte alla sfrenata lotta interna. Questo Pd ancora non c’e’ e tutti se ne stanno accorgendo.