(https://www.bordeauxedizioni.it/prodotto/amato-popolo/).
Voterò no non per schieramento ma per ragioni di merito come chiede, senza crederci, Giorgia Meloni. Ragioni giuridiche, costituzionali, istituzionali e politiche, le più rilevanti delle quali sono state limpidamente esposte da Enrico Rossi (https://fuoricollana.it/lassalto-alla-giustizia-ieri-oggi-domani/) e, in diverse occasioni, da Rosy Bindi (https://www.la7.it/in-onda/rivedila7/in-onda-02-11-2025-618613).
Mentirei, tuttavia, a me stesso se dicessi al lettore che la nostra democrazia ne uscirà rafforzata. Rischiamo anzi di assistere - se ne vedono già tutte le premesse negli slogan e nella confusa propaganda di queste settimane - ad un doppio suicidio: il suicidio della politica e il suicidio della magistratura.
2. Chi pone il tema della necessità di evitare l’”invadenza” della magistratura sul funzionamento della “macchina” di governo solleva, in via di principio, una questione seria. La questione è, invece, stata affrontata negli ultimi decenni - e oggi dal progetto di riforma costituzionale sottoposto a referendum - con il retropensiero, tutt’altro che ben mascherato, di infliggere una punizione alle “toghe” dedite alla presunta persecuzione della “classe di governo”; mentre, invece, sarebbe stata necessaria una legislazione che chiarisse quando c’è indebita invadenza e quando c’è doveroso controllo di legalità. Di tutto questo non v’è traccia negli atti parlamentari e nel dibattito pubblico, come esemplarmente dimostra la “discussione” sui rilievi mossi dalla Corte dei Conti in ordine alle procedure seguite per il Ponte sullo stretto.
3. Evocare un sistema diretto a instaurare un controllo tout court della magistratura è il contrario del ritorno della politica. È semplicemente e miseramente, finita la stagione del grande consenso mediatico al ceto dei giudici, la rivincita di un ceto politico con la p minuscola. È una definitiva abdicazione alla funzione di indirizzo attribuita dalla Costituzione alla politica con la P Maiuscola (art.49). Un suicidio assistito. D’altra parte, da tempo, il
Consiglio Superiore della Magistratura voluto dai Costituenti come organo di amministrazione delle carriere di un corpo di tecnici indipendenti e qualificati si è trasformato in un parlamentino delle correnti dell’ANM. Cosicché accade, sempre più spesso, che dichiarazioni e azioni della magistratura per opporsi al tentativo di ricondurre ad un controllo burocratico-governativo l’esercizio del potere giurisdizionale suonino ai cittadini come fatte a difesa di interessi di casta. E non aiuta, da ultimo, la scelta di dar vita ad un Comitato per il no composto da soli magistrati, che viene percepito come una manifestazione di autismo corporativo: un suicidio istituzionale che fa il paio con il suicidio della politica.
4. Nello Stato costituzionale l’autonomia del potere giurisdizionale non è l’unico presidio a tutela dei diritti dei cittadini. La Carta costituzionale va letta in modo sistematico. A partire dalla fondamentale disposizione che postula che «i giudici sono soggetti solo alla legge» e da quella, altrettanto fondamentale, che postula che «la giustizia è amministrata in nome del popolo» (art.101). È la garanzia e la tutela dei diritti ad essere “sacra”, non la magistratura: non ci sono nello Stato di diritto insindacabili sacerdoti della Costituzione.
Tutte le funzioni dello Stato sono mezzi per l’esercizio della sovranità popolare, unica fonte di legittimazione giuridica e politica di tutti i poteri dello Stato (art. 1). Alla Magistratura ordinaria è “vietato” rispettare la volontà del Governo pro-tempore ma è altresì “vietato” ergersi a monopolista dei valori sociali. Ad essa tocca esercitare quel controllo di legalità che la Carta costituzionale le ha conferito a tutela della volontà popolare depositata nelle decisioni parlamentari e nelle leggi.”. Il referendum costituzionale non è la madre di tutte le battaglie. Ci vorrebbe quella “mitezza” dei costituenti da troppo tempo dimenticata dalla “politica professionale” e dalla “politica giudiziaria”.
*Prof ordinario di Diritto costituzionale, Uni Urbino