Le polpette della Candelora

Le polpette della Candelora

maccheroni

di MARIA FRANCO -

I petrali. E ‘u cavulisciuri ‘a ghiotta. E ‘ i cudduraci. E ‘ i brocculi ‘fuccati. E l’ova fritti ‘chi curcuci. E ‘a giardinera. Il Novecento culinario del mio spicchio di Calabria è semplice, pieno di sapore, ma quasi austero. I prodotti dell’orto e dei seccagni, dell’allevamento, della pesca utilizzati con una sapienza che trasformava la “coltura” dei campi in “cultura”: in senso della vita, condivisione del poco che, così, diventava ricchezza di tutti.

Poi, c’era un giorno, che, ancora più che a Natale e a Pasqua, la tavola doveva dare l’idea che, in casa, c’era il “bene”: che ‘a cascia era colma di pane e di fichi e ‘supra ‘i cannizzi c’erano pere cotté e peperoni secchi e le giare erano piene d’olio.

Alla Candelora, i maccheroni dovevano riempire ‘nu bavinu e il sugo del pomodoro doveva diventare lucido degli umori dei pezzi di carne 'rassa e 'maria, delle salsicce, o dei pezzi di suppizzata e le polpette, grandi come uova, dovevano fare corona ad ogni piatto.

E, diceva il proverbio, ‘cu n’avi carni, s’impigna ‘a figghiola. Ovvero, chi era troppo povero per avere in casa la carne salata del maiale da mettere nella salsa o qualche lira per comprarla, doveva impegnarsi anche qualcosa di prezioso. Mia nonna, ultima figlia di una famiglia numerosa, visse tutta l’infanzia nel terrore che, questa o quella Candelora, l’avrebbero “impegnata”.

Perché tanta festa? Per la presentazione di Gesù al Tempio, giorno in cui in chiesa si benedicono le candele quale simbolo di Cristo “luce del mondo”? Per quella che veniva chiamata “purificazione di Maria”? Per un ricordo della Chanukkah o festa delle Luci o festa dei Lumi, degli ebrei che, da quelle parti c’erano sicuramente stati (da dove sarebbero derivati se no quei preziosissimi lavori sulle sete?). Un più antico, ancestrale bisogno di persone così a contatto con i ritmi della natura, di mettersi alle spalle la fase più buia dell’anno – Per la santa Candelora/ se nevica o se plora/dell'inverno siamo fora – e ricominciare a respirare, almeno con la mente, aria di primavera?

Quest’anno la Candelora arriva con un tempo atmosferico che va dal brutto al molto brutto al problematico assai. E in un contesto sociale, politico, culturale, in cui ci vuole molto ottimismo della volontà a non vedere i segni dell’inverno più forti e potenti di quelli della primavera.

Ma mettere in tavola una maccheronata di quelle dei nonni, di certo non peggiorerà la giornata.